Una storia d’altri tempi tra abbandono e possibilità di rinascita
Nel corso degli anni sono stati proposti molti progetti di riattivazione della ferrovia Sicignano–Lagonegro, rimasti tuttavia senza esito.

Nel 2006 furono stanziati fondi per uno studio di fattibilità (180.000 euro) e vennero riaperte e ripulite alcune stazioni a servizio degli autobus. Proposte e finanziamenti successivi non hanno avuto esiti concreti e l’autoservizio sostitutivo da Battipaglia a Lagonegro continua a protrarsi, con la soppressione di alcune stazioni.
Nel marzo 2012, tra Galdo e Castelluccio, entrò in funzione per un mese la “ciclo-ferrovia”: biciclette ferroviarie autorizzate dalle autorità competenti percorrevano il tratto di linea, ripulito da rovi ed erbe infestanti.

Nel 2018 la Regione Campania presentò un nuovo progetto per la riapertura a fini turistici.
“La ferrovia Sicignano degli Alburni – Lagonegro riaprirà!” – annunciò allora il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, parlando di “resurrezione” del tratto ferroviario abbandonato a sé stesso dal 1987.
L’obiettivo era farne un collegamento turistico strategico per il Vallo di Diano, connesso allo scalo di Sapri dove sarebbero arrivati i treni ad Alta Velocità da Milano, Torino e Venezia.
Non mancò l’appoggio dell’Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, che ne sostenne il valore ambientale e territoriale.
L’esperienza di Basilicata e Calabria
Intanto, da Lagonegro a Castrovillari, Basilicata e Calabria, con la collaborazione dei Parchi Nazionali del Pollino e dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, hanno trasformato il tracciato dell’ex ferrovia a scartamento ridotto in una pista ciclo-pedonale.
Il percorso, parallelo alla SS 19 delle Calabrie, è oggi frequentato da cicloturisti ed escursionisti che amano muoversi sulle due ruote o a piedi.
Una scelta vincente: le due regioni, insieme a province e comuni, hanno ottenuto solo vantaggi, recuperando gallerie già in parte illuminate con pannelli solari.

La Via Istmica: tra storia e simbolo
Vale la pena ricordare la storia di questa ferrovia per dare un senso al passato che, a volte, ritorna a rinfacciarci le nostre negligenze — come individui e come istituzioni.
Nel tentativo di dare compiutezza a un progetto nel quale credo, ho tracciato un ipotetico percorso della Via Istmica, uno dei tanti antichi “tratturi” che collegavano Paestum e Sibari, le due città “gemelle” della Magna Graecia: la prima sul Tirreno, l’altra sullo Ionio.
Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, per ben due volte e a distanza di vent’anni, ha investito risorse per ricordare la rilevanza di questa antica via di comunicazione. Tuttavia, al di là delle buone intenzioni e della sostituzione delle tabelle segnaletiche (più grandi, ma ugualmente inutili), nulla è stato fatto per renderla percorribile e fruibile.

Non è stata avviata nemmeno una campagna di comunicazione o di collegamento con i tracciati esistenti in Basilicata e Calabria. La segnaletica si ferma a Padula, ignorando i comuni di Montesano e Casalbuono, anch’essi nel perimetro del Parco.
Eppure, a chi può interessare camminare a piedi in un territorio dotato di autostrade e strade moderne?
Un patrimonio dimenticato
Vale la pena ricordare anche il tratto della ferrovia Sicignano – Lagonegro, con il suo patrimonio di stazioni, binari e gallerie, che corre ai piedi dei monti Alburni, sul versante che guarda la Basilicata.
Un patrimonio oggi del tutto abbandonato, di cui nessuno si prende cura.
Farne una pista ciclo-pedonale potrebbe restituirgli vita e valore, trasformandolo in una risorsa per il futuro di un territorio che, per fortuna, è stato riconosciuto Parco Naturale nel 1993.
La storia di una ferrovia d’altri tempi
Sono tante le opere pubbliche che in Italia hanno contribuito al progresso dei territori e delle popolazioni: prima la ferrovia, poi le strade statali e infine le autostrade.
Quasi tutti questi investimenti hanno prodotto sviluppo economico e sociale nei comuni attraversati.
Non tutti, però, hanno avuto la fortuna di diventare infrastrutture vitali.
La ferrovia Sicignano degli Alburni – Lagonegro, conosciuta anche come ferrovia del Vallo di Diano, inaugurata nel 1892 e chiusa nel 1987, è un esempio emblematico.
Da allora la “temporanea chiusura all’esercizio” è rimasta tale e il servizio al pubblico continua a essere svolto da autoservizi sostitutivi.
La ferrovia si dirama dalla linea Battipaglia–Potenza, in prossimità della stazione di Sicignano degli Alburni, e termina alla stazione di Lagonegro.
Origini e sviluppo
Il progetto iniziale prevedeva di collegare i territori campano e lucano fino al sud della Calabria e a Reggio, attraversando il Vallo di Diano e la valle del Noce fino a Castrocucco (tra Praia e Maratea), congiungendosi alla futura Tirrenica Meridionale.
Era una delle opere previste dalla Legge Baccarini del 1879, ma il tratto da Lagonegro in poi non venne mai realizzato.
Un altro progetto, più tardo e a scartamento ridotto, avrebbe dovuto connettere la linea Cosenza–Sibari, per poi discendere fino a Nocera Terinese sulla costa, lungo un tracciato simile a quello dell’attuale autostrada Salerno–Reggio Calabria.
Dopo l’apertura della linea Salerno–Potenza, le comunità locali premettero per l’apertura del tratto fino a Lagonegro, sperando in un futuro collegamento con la linea tirrenica.
Le tappe della costruzione
- 20 maggio 1887: apertura fino a Sassano-Teggiano
- 3 novembre 1888: prolungamento a Casalbuono
- 25 maggio 1892: inaugurazione ufficiale con l’arrivo a Lagonegro
Il proseguimento non venne più realizzato. La gestione fu affidata alla Mediterranea Calabro-Lucane, che operava con locomotive a vapore del gruppo 320. Tre coppie di treni percorrevano la tratta in circa tre ore.
Nel 1905 la linea entrò a far parte delle Ferrovie dello Stato.
Negli anni successivi furono aperte nuove stazioni e fermate: Casaletto Spartano, Battaglia, Pertosa (1936) e Castelluccio Cosentino (1939).
Nel 1936 entrarono in servizio le littorine, che ridussero i tempi di percorrenza a meno di due ore.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, per risparmiare gasolio, si tornò alla trazione a vapore; le littorine tornarono solo nel 1956.
Il declino
Negli anni Settanta, a causa di smottamenti lungo il tratto tra Casalbuono e Lagonegro, il servizio fu interrotto.
Negli anni Ottanta furono realizzati lavori di consolidamento di ponti e gallerie, sostituzione dei binari e allungamento delle banchine, con l’introduzione di automotrici ALn 668.
Si passò da sette a otto coppie di treni giornalieri, con una corsa diretta per Napoli.
Con l’inizio dei lavori di elettrificazione della linea Battipaglia–Metaponto nel 1986, anche la linea per Lagonegro fu chiusa.
Alla riapertura della Battipaglia–Potenza nel 1993, il bivio per Lagonegro rimase disconnesso e il servizio affidato definitivamente agli autobus, pur senza che la ferrovia fosse mai ufficialmente soppressa.