Questa piccola strada, chiamato appunto “u’ stritto”, un tempo era la via di accesso da nord del centro vallese, attraversata dal flusso veicolare da e per la Sicilia della storica Statale 18. Superata poi, prima dalla Circumvallazione ed infine dall’autostrada Salerno-Reggio Calabria, che spostò il traffico nazionale dal Cilento al Vallo di Diano.

Divenne sempre meno strategica, a causa dello spostamento graduale di servizi, uffici e scuole.
La decisione di renderla pedonale sembrò la logica evoluzione di un centro storico che voleva adeguarsi agli standard delle principali città, puntando sulla godibilità degli spazi, la qualità dell’aria, il silenzio, il tempo libero, tutti fattori che possono agevolare sia il commercio che la socializzazione.
I cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni hanno mutato le abitudini dei consumatori.
Il ricorso sempre più massiccio al commercio “on line”, la nascita delle cosiddette gallerie commerciali, articolate in strutture espositive di migliaia di metri quadrati, hanno colpito molti piccoli commercianti, soprattutto quelli che svolgono la propria attività nei centri storici.
Se a questi fattori si aggiunge anche lo spopolamento di vaste aree del sud Italia, il bilancio non può che essere preoccupante.
Pensare quindi che la riapertura di un tratto di strada possa dare una boccata di ossigeno ai commercianti è una speranza illusoria.
Piuttosto, le amministrazioni di questi ultimi 30 anni avrebbero dovuto interrogarsi sulle cause dello svuotamento del centro storico, cercando di porvi rimedio.
Nonostante la presenza di una piazza di indubbia bellezza, con palazzi storici eleganti, testimoni di un passato prestigioso, le famiglie hanno preferito spostarsi nelle periferie, se non nei comuni limitrofi, in ragione di alcuni comfort di cui i palazzi antichi non sempre sono forniti.
Ascensori, impianti di riscaldamento, parcheggi, garage, aree verdi sono elementi che hanno influenzato le scelte, orientando migliaia si residenti verso i quartieri moderni, obbligandoli però a prendere l’automobile per ogni spostamento e quindi anche per fare la spesa.
L’epilogo di questo modello di vita è il supermercato, per l’accessibilità alle automobili e per l’ottimizzazione dei tempi.
Un centro storico sempre più disabitato ha perso progressivamente il suo ruolo di propulsore economico. Un contenitore austero ed elegante, svuotato di contenuti e progressivamente in crisi di identità.
In questo modo Vallo ha perso la sua sfida con il futuro sia nell’incapacità di aggregare a sé i comuni limotrofi, creando sinergie amministrative ed economie di scala, che vedendo sempre più diluita la sua funzione di piazza commerciale, di centro identitario.
Paradossalmente proprio alcuni commercianti ed imprenditori di Vallo sono quelli che non lo abitano, preferendo la vita in campagna o addirittura negli altri comuni.
Una spia, un indicatore di questo scollamento.
Sarebbe stato possibile in passato immaginare le famiglie dei commercianti storici, quali i Campanile, i Montuori, i Rossi, per non parlare delle famiglie che hanno realizzato questo bellissimo centro storico, abitare fuori Vallo?
Una mutazione progressiva che ha alterato i principi di una crescita equilibrata, una coesione sociale sempre meno evidente ed un attaccamento identitario labile ed evanescente.
Lavorare su questi aspetti, favorendo l’attrattività di un meraviglioso centro storico, significa favorire investimenti pubblici e privati volti a migliorare la qualità della vita dei potenziali residenti. Fatta di servizi, di reti, di spazi verdi.
Senza dimenticare gli immobili colpevolmente dimenticati ed abbandonati che un tempo accoglievano centinaia di studenti a Piazza Santa Caterina, dove la Fondazione Pinto possiede palazzi con superfici utili di oltre mille metri quadrati adibiti ad edilizia scolastica.

Essendo questo un Ente senza scopo di lucro, evidentemente una simile prospettiva non hai solleticato certe mire speculative.
Il rilancio di un quartiere e di una città può partire da idee che sono sotto gli occhi di tutti.
Basta solo guardare e decidere in quale direzione andare.
I cento metri di strada, aperta o chiusa, sono la spia del disinteresse verso un quadro generale molto più complesso nel destino di questa comunità