La mancata approvazione della mozione di sfiducia contro il sindaco Gaetano Paolino non è solo un incidente di percorso: è lo spartiacque che ridefinisce, in modo profondo, gli equilibri politici di Capaccio Paestum.
Dietro i voti espressi in aula il 3 dicembre 2025 si nasconde infatti la vera geografia del potere in città.
1. Il fronte dei “rivoltosi”: la frattura interna alla maggioranza Paolino

I firmatari della mozione — Quaglia, Agresti, Giliberti, Giuliano, Mastrandrea, Scariati, Voza, Corradino — rappresentano un blocco consistente che nasce dentro la maggioranza Paolino.
Non si tratta di opposizione strutturata, ma di:
- delusi dalla composizione della giunta
- aspiranti assessori rimasti fuori
- consiglieri che rivendicano peso politico
- figure che giudicano insufficiente il metodo decisionale del sindaco
Questo gruppo mostra caratteristiche precise:
A. Composizione eterogenea, ma obiettivo comune
Non un progetto politico alternativo, ma una richiesta di:
- riconoscimento,
- spazio,
- rappresentanza,
- redistribuzione del potere.
B. Nessuna alleanza organica con l’opposizione

L’opposizione non ha voluto fare da ponte verso il notaio e non ha voluto votare in blocco la sfiducia.
Un segnale chiaro: non esiste un fronte Paolino-contro consolidato.
C. Capacità negoziale limitata
La mozione è arrivata in aula senza avere i numeri: un errore politico che ha indebolito il fronte stesso, mostrandone la fragilità.
2. Il “nocciolo duro” che ha salvato Paolino

I voti contrari — Renna, Volpe, Sabatella — rappresentano la parte di maggioranza più coerente con la linea del sindaco.
Sono:
- consiglieri che si riconoscono nella figura di Paolino;
- persone con un rapporto politico diretto con il sindaco;
- figure che non hanno condiviso la strategia dei “rivoltosi”.
È un blocco piccolo nei numeri, ma:
- stabile,
- affidabile,
- privo di ambiguità,
- decisivo per la sopravvivenza politica di Paolino.
3. Il gruppo degli astenuti: l’area grigia che vale una maggioranza
La vera sorpresa politica è il gruppo degli astenuti:
Ruggiero, Delli Priscoli, De Riso, Caramante, Mucciolo
Questo gruppo:
A. Non sfiducia Paolino, ma non lo appoggia apertamente
È un segnale di disponibilità condizionata.
B. Rappresenta la “zona trattabile” del consiglio
Può diventare:
- nuova maggioranza,
- opposizione,
- o elemento di ricatto politico.
C. Ha un peso superiore ai contrari e ai favorevoli
È l’area che decide le sorti della consiliatura.
D. È composta da figure politicamente autonome
Non rispondono alla logica dei gruppi originari.
Sono il vero “baricentro mobile” del consiglio.
4. L’opposizione ufficiale: spettatrice attiva ma non protagonista
L’opposizione, formalmente alternativa a Paolino, non ha mai davvero sposato la causa della sfiducia.
Per due motivi:
- Non intende regalare la caduta del sindaco ai dissidenti della maggioranza.
- Non ha interesse a tornare subito al voto, con dinamiche locali ancora confuse.
La loro posizione in aula — astensione o voto contro la mozione — è una scelta di calcolo strategico, non di sostegno a Paolino.
5. Gli scenari politici dopo il voto
Dalla votazione del 3 dicembre emergono tre scenari plausibili.
Scenario 1 — La nuova maggioranza “trasversale”
Paolino potrebbe costruire una maggioranza composta da:
- il suo nocciolo duro,
- alcuni astenuti,
- uno o due ex dissidenti pronti a rientrare.
È la soluzione più stabile se il sindaco accetta di:
- rivedere alcune scelte,
- ridefinire la giunta,
- condividere il processo decisionale.
Scenario 2 — Il rientro dei rivoltosi (a caro prezzo)
Per recuperare i firmatari, Paolino dovrebbe:
- rimuovere gli assessori esterni,
- garantire incarichi politici,
- concedere visibilità e controllo su settori dell’amministrazione.
È lo scenario più rischioso perché:
- comunica debolezza,
- legittima la ribellione,
- rende instabile il futuro.
Ma, paradossalmente, è anche il più praticato nella storia politica locale.
Scenario 3 — L’effetto domino: dimissioni dei rivoltosi
Se Paolino consolidasse una nuova maggioranza, potrebbe chiedere ai rivoltosi di:
- fare un passo indietro,
- dimettersi,
- lasciare spazio ai primi non eletti.
I subentranti, politicamente più “neutri” e meno conflittuali, costituirebbero una maggioranza pacificata, utile al sindaco per governare fino a fine mandato.
Questo scenario salverebbe:
- la faccia dei dissidenti,
- la stabilità dell’ente,
- la continuità amministrativa.
6. Il terzo attore in campo: il Ministero dell’Interno

L’analisi politica non può ignorare il vero protagonista silente:
la Commissione d’accesso antimafia.
Se la relazione finale dovesse evidenziare infiltrazioni o condizionamenti:
- il consiglio comunale sarà sciolto,
- arriverà il commissario,
- si voterà nel 2026 o 2027.
Questo scenario annulla tutte le dinamiche interne:
non saranno i consiglieri a decidere, ma il Governo.
7. Conclusione: Capaccio Paestum ha bisogno di politica vera
Il quadro che emerge è questo:
- una maggioranza originaria esplosa,
- gruppi fluidi,
- personalismi forti,
- programmi amministrativi deboli,
- partiti inesistenti sul territorio.
Il messaggio finale è chiaro:
la politica non può ricomparire solo un mese prima del voto.
L’unico modo per uscire dalla spirale delle sfiducie e dei commissariamenti è ricostruire strutture politiche, riaprire sedi, formare gruppi, tornare alla normalità della democrazia partecipata.
Fino a quel momento, Capaccio Paestum continuerà a vivere nell’incertezza.



