Giuseppe Bonito, regista di Sala Consilina: “Che gioia il successo della fiction Rai Gerri”
A Roma, abbiamo incontrato il regista di Sala Consilina Giuseppe Bonito che ha curato l’ultima fiction in onda su Rai1, Gerri. Campione di ascolti la prima puntata, promette di tenere incollato allo schermo il pubblico per i prossimi episodi.

Giuseppe, chi è Gerri e perché hai deciso dopo la fiction Mike su Mike Bongiorno, di dedicarti a un genere di racconto diverso?
Gerri è un poliziotto, ma secondo me non è questo l’elemento di originalità di questa serie ovviamente perché di serie che hanno come protagonista un poliziotto ce ne sono tante, forse troppe. Gerri è un poliziotto di origine rom, è un giovane poliziotto, di 35 anni che all’età di 4 anni è stato abbandonato da sua mamma e di quel momento, nel quale la mamma gli ha detto nella sua lingua aspettami qui, è stato un trauma parecchio forte.
All’età di 4 anni iniziamo ad avere frammenti di memoria, a conservare frammenti di memoria e lui ha conservato proprio questo frammento e, quindi, è un momento che Gerri ricorda anche se non ricorda il volto della madre. È cresciuto in una casa famiglia, è diventato poliziotto, lui sa di avere un’origine rom.
La cosa che a me è interessato di più approfondire, è sempre stato divertente girare storie crime, noir, perché intanto tu racconti la ricerca della verità che è qualcosa relativamente interessante, ma quando ho letto le sceneggiature scritte da Sofia Sirelli e Donatella Diamanti, al di là dei che Gerri si trova ad affrontare nel corso dei casi di queste quattro puntate, mi piaceva questa grande indagine che lui compie su se stesso.
E quindi spiegati meglio, Gerri è un poliziotto sul quale ti sei molto soffermato proprio per inquadrare meglio la sua storia.
Dicevo che mi ha attratto molto questa sceneggiatura è perché ho trovato una serie di nuclei tematici, una serie di potenzialità di racconto che erano molto in linea con tante cose che ho esplorato nei miei film. È stata quindi una grande fortuna dedicarmi a questa serie.
L’elemento in più è stato proprio portare questi temi: intanto ci sta la ricerca delle proprie radici in una declinazione ampliata, il rapporto figli genitori nelle declinazioni meno ortodosse, più problematiche, più borderline, perché di fatto raccontiamo di una persona che non ha mai conosciuto la madre. La cosa più interessante in questa grossa indagine che lui compie su se stesso, ora non posso spoilerare troppo è la regista alla domanda che lo tormenta da quando è bambino e la domanda è perché sono stato abbandonato.
E questo è stata la cosa più bella da raccontare, è uno degli aspetti dei quali sono molto soddisfatto di resa narrativa nella serie.

Il pubblico ha premiato il tuo lavoro. Te lo aspettavi?
Per me ha contato tantissimo il gradimento del pubblico e non me lo aspettavo per niente. La serie è andata in onda tardivamente, nel senso che sono passati quasi due anni da quando abbiamo iniziato a girare e quindi per me era una grande cosa che andavamo in onda.
Non mi aspettavo questi numeri per questo periodo dell’anno e pertanto è qualcosa che ci ha meravigliosamente sorpreso e ci ha travolto. Io sono molto felice degli ascolti perché è qualcosa che mi ha sorpreso, quando attendevo il giorno dopo, il numero degli ascolti registrati la mia soglia era molto più bassa rispetto ai numeri che abbiamo fatto.
Come mai la scelta è ricaduta su alcuni protagonisti che non erano molto noti al pubblico?
Intanto su Giulio Beranek, l’attore che ha impersonato il protagonista Gerri, faccio un discorso che è estendibile a tutto il cast, personalmente vorrei sfatare il mito che è difficile fare un cast con la Rai giusto, io mi sono trovato molto bene a interloquire con la Rai Fiction e soprattutto abbiamo avuto visioni molto comuni per cui triangolando con Rai e con Cattleya e con la casting director Stefania Rodà, abbiamo adottato il criterio che questi ruoli venissero ricoperti dagli attori più giusti.
Questo è valso anche per Giulio Beranek, la Rai è stata molto aperta e coraggiosa all’idea di appoggiare l’attore che abbiamo proposto perché non era scontata. Capisco l’idea di volere volti già noti al grande pubblico. La Rai ha avuto il coraggio di far fare una serie a un attore che era conosciuto ma per nulla popolare e oggi a giudicare dagli ascolti, la cosa della quale sono molto fiero è che invece Gerri è qualcosa che il pubblico premia. Ed è una cosa molto bella e importante. E questo è il criterio che abbiamo avuto su tutti gli altri protagonisti tra cui anche Cristina Cappelli, originaria proprio di Sala Consilina.

Giulio Beranek era per me Gerri appena ho letto le sceneggiature perché lo conoscevo da quando ha iniziato la sua carriera e aveva un Dna da Gerri. Giulio non è di origine rom ma appartiene a una famiglia di giostrai per cui ha un vissuto molto simile, conosce l’essenza di un certo modo di vivere. Però ci tengo a dire una cosa che Beranek per avere quel ruolo ha fatto 6 provini e penso che è stato anche giusto farli perché la Rai ha appoggiato questa scelta ma ha voluto esserne convinta e, secondo me, questo criterio era giusto.
Conoscevo molto poco Cristina Cappelli di Sala Consilina pure lei, ci siamo visti forse due volte, prima di fare i provini per questo ruolo. Cristina se l’è proprio conquistato questo ruolo e quello che ho visto durante il casting e quello che ho visto sul set, si è confermato in maniera anche esponenziale. Lei è un’attrice veramente molto promettente, ha già un ottimo presente ma avrà un futuro ancora più roseo davanti a sé.
Giuseppe, raccontaci un aneddoto o una curiosità legata alla serie.
Abbiamo aspettato molto prima di uscire e l’idea di avere avuto un successo del genere è un felice paradosso. Di aneddoti, come sempre i film ne sono veramente pieni, è che quando giri un film una volta che lo finisci hai la sensazione che come un figlio maggiorenne se ne va un po’ per i fatti suoi.
La sensazione che ho quando finisce è che quel film mi appartiene quasi come tutti gli altri e guardandolo poi è il ricordo della lavorazione e l’altra sera mi sono venuti in mente veramente tantissimi momenti della lavorazione. Per esempio nel corso della prima puntata quando Gerri arriva sul luogo dove si trova il cadavere della ragazza, ci stava molto vento ed è stato fatto un ottimo lavoro del suono.
La povera Valentina Romani, non lo ricorderà con piacere. Valentina ha una fobia per i volatili e abbiamo girato un’intera notte dove ci stavano piccioni, pur essendo stato prima bonificato, lei è stata veramente straordinaria perché chi guarda la scena non si accorge di nulla. Lei allo stop scappava via lontanissima perché sentiva la presenza di questi volatili e per lei era un problema enorme. E lo dico volendo fare un grande elogio a Valentina perché con grande senso di responsabilità sapeva che non si poteva fare nulla, ma ha girato quella scena con grande professionalità.
Giuseppe sei già a lavoro per il prossimo impegno?
Il successo te lo godi e sei molto felice poi non è che stai a lungo a goderti questo successo. Ovviamente sto lavorando ad altre cose, in questo momento sono in una fase di scrittura e i prossimi progetti, due dovrebbero essere per il cinema. Dopo l’Arminuta, questa volta tornerò a lavorare per il cinema e mi attengo alla legge non scritta che finchè non si realizzano è sempre bene non parlarne.