Chi è della mia generazione non può non ricordarsi le tante volte che ha sentito richiamare all’attenzione la memoria di “briganti” fatta da nostri nonni …
Anche mia madre Giuseppina ha tramandato a figli e nipoti una “favoletta” che, da quello che aveva appreso da bambina, nei pressi di un terreno di nostra proprietà situato lungo la strada che porta al Cervati, “la tempa del trifoglio”, ci fosse nascosto un tesoro occultato dai “briganti” …

Allargando lo sguardo all’intero Cilento, sono tante le leggende che vedono come protagonisti preti, carbonari, rivoluzionari … che, per i più svariati motivi, erano stati indotti a darsi alla “macchia” … cioè a vivere lontani da casa e dagli affetti più cari.
Per cui, quando Anna Maria Pipolo, pronipote di Giuseppe Maria Tardio, che viveva a poche decine di metri dalla mia abitazione in via G. Ricci, mi annunciò che stava per dare alle stampe un libro che raccontava le vicende della vita di del suo pro zio, sentii subito il richiamo di quelle voci lontane nel tempo che si rincorrevano nella mia mente e mi interrogavano.

Abbiamo già pubblicato la recensione del suo libro sul sito del Settimanale Unico un articolo di Giuseppe Galzerano, un grande cultore della materia risorgimentale, che racconta la vita di un avvocato che abbracciò, dopo varie vicissitudini, la causa “neo Borbonica” nella seconda metà dell’800. Sentii subito il richiamo di quelle voci lontane nel tempo che si rincorrevano nella mia mente.
Con molto piacere mi sono recato nella sede della Proloco di Piaggine che ha organizzato l’evento di presentazione …
Come è già accaduto altre volte in occasioni simili, mi aspettavo un numero ristretto di presenze all’evento … invece, ecco che mi ritrovo in una sala gremita sia nei posti a sedere sia negli spazi liberi! Un vero e proprio “miracolo” di partecipazione dovuto al fatto che tutti conoscono la scrittrice e tutti hanno sentito parlare di Tardio e ascoltato qualche racconto di briganti.
È stato come recarsi ad una festa di matrimonio o andare alla processione della Madonna del Carmine o Santa Filomena; Tutti sapevano di cosa si discuteva, tutti noi pronipoti di pastori non potevano non sapere che briganti (quelli veri) taglieggiavano i nostri antenati che, confinati sui monti, come i briganti, vivevano la loro esistenza a combattere con il tempo e con i lupi.
Ovviamente, tanta attenzione e partecipazione è dovuta alla curiosità di conoscere nel dettaglio le vicende che hanno visto il giovane figlio di un paese di pastori scalare i “gradoni” sociali grazie alla sua intelligenza e all’opportunità che suo padre volle dargli mettendo alla prova la sua voglia di emergere investendo molto di più di quanto poteva permettersi.
Solo una grande capacità di adattamento ad ambienti a lui estranei e alla tenace volontà di ricambiare con il successo la fiducia e i sacrifici che la sua famiglia aveva messo nel conto, hanno potuto spingere Tardio a salire così in alto fino a diventare avvocato e a praticare la professione.
Bisognerà aspettare un secolo per vedere un altro figlio di pastore diventare avvocato … Toccò a Nicola Mastrandrea rompere il tetto di “cristallo” che teneva confinati e predestinati i figli dei “chiainari” a camminare sulle stesse vie calpestate dai padri. Infatti, dopo varie vicissitudini dovute a problemi di salute (in seminario a Vallo della Lucania si ammalò di tubercolosi fu costretto a tornare a casa e poi, da soldato, fu ricoverato per lungo tempo in un ospedale militare in Veneto. Si laureò nell’immediato dopoguerra e diventò assistente dell’On. Alfonso Tesauro…

Ma ormai il sentiero era tracciato e le aspirazioni di padri, madri che confidavano in un cambio di passo per i loro figli erano diventate praticabili e, man mano che lo percorrevano, si allargava!
Ma bisognava aspettare la seconda metà degli anni “sessanta” per assistere all’inizio del vero e proprio boom di diplomati, prima; e laureati, poi; a Piaggine e in tutta l’Alta Valle del Calore, si è avuto con l’istituzione dell’Istituto Magistrale …
Infatti, dopo la metà degli anni sessanta, intanto che la pastorizia cedeva il passo ad altre attività che rendevano la “vita” più “leggera”, Piaggine ebbe in sorte la fortuna di vedere istituito una scuola superiore che faceva il pari con la riforma che metteva fine alla Scuola di Avviamento professionale lasciando al Ginnasio che predisponeva all’accesso al liceo classico, il compito di istruire chi aveva mezzi, storia familiare e capacità … di poterselo permettere.
Il rimescolamento delle “carte”, invece, provocò un’iniezione di vitalità e di aspettative di un futuro migliore che immediatamente diede il via a una corsa al “diploma” che si consegue superando l’esame di stato dell’Istituto Magistrale. Era un titolo di studio “finito” e che metteva immediatamente nella condizione di accedere alla carriera di insegnante o per proseguire gli studi.
Dal 1966 al 2023 l’Istituto Magistrale di Piaggine è stato frequentato da migliaia di studenti, la maggior parte dei quali, soprattutto nei primi venti anni, erano destinati a “fare” altro!
È stata la “rivoluzione culturale” di “noialtri”; il trampolino di lancio per andare oltre il frammento di una vita stiracchiata tra i pascoli di “Cervatiello” e i pianori coltivati a grano e patate che introducevano alla faggeta; tra le terre esposte a sole situate ai piedi del monte Motola e gli uliveti e i vigneti delle colline situate a sud del paese …
Prima o poi bisognerà raccontarla questa “epopea” culturale che ha consentito la conquista del mondo, altro dal nostro, e solo immaginato dai nostri genitori. C’è stata la metamorfosi di intere generazioni con l’affrancamento da un destino avaro di possibilità …
Basta leggere l’affresco della realtà di Piaggine Soprano (ma quello Sottano, oggi Valle dell’Angelo, era lo stesso) che Anna Maria Pipolo ha fatto nel suo libro “L’avvocato brigante” edito da Il Piroscafo Edizioni”, per rendersi conto che anche un secolo dopo l’avventura di Tardio, la vita delle generazioni susseguenti assomigliava, in molte parti, a quella del secolo precedente.
Certo, il paese dalla “piazza del municipio” fino al ponte sul fiume Calore, passando per San Giuseppe e per la Tempa, non è cambiato molto … almeno sotto l’aspetto urbanistico.
Certo sono molte le case ristrutturate e rese funzionali alle esigenze dei “modernità” …

Certo, in molte vie sono scomparsi i gradini per far spazio al passaggio delle automobili; le stalle hanno cambiato destinazione d’uso diventando taverne, anche il baricentro del paese si è spostato dalla “chiazza” ai “porcili” …
Ma orientarsi e capire dove si svolgono le vicende relative all’infanzia e alla vita adulta del protagonista, è un “gioco da ragazzi” per chi quei luoghi li ha vissuti.
Infatti, nelle descrizioni precise e “incise” nelle pagine del libro non sono avare di particolari; come il racconto dei ragazzi che andavano a bagnarsi nel fiume Calore: sono in tanti ancora in vita a ricordarsi di esserne stati protagonisti anche in tempi “moderni” …
Per non parlare del molino e dei frantoi … luoghi che molti di noi ricordano anche con un pizzico di nostalgia. Con la recente “soppressione” dell’istituto magistrale è stato amputato il polmone culturale del paese e, oserei dire, di tutta l’alta Valle del Calore.
Ecco perché chi ricorda i tempi di quella rivoluzione sociale vissuta in prima persona, grazie all’istruzione generalizzata e che penetrò soprattutto le classi meno abbienti del paese, non può accontentarsi del già “visto” ma dovrebbe tentare ogni strada per riaprire il cantiere culturale piantando, ancora un volta, l’albero della speranza di poter riprendere il cammino verso il futuro, che, per quanto difficile da immaginare allo stato delle cose, è pur sempre più a portata di mano dei giovani che di quei pastori e contadini che erano contemporanei a Giuseppe Maria Tardio, anche se predestinati ad una vita senza vie di fuga!
1 commento
**Tardio: la rivincita di un “figlio della terra” contro un sistema immobile**
*di Alfonso Marino*
Il libro della dottoressa Annamaria Pipolo ci consegna una storia cruda e appassionante, quella di Giuseppe Tardio, un uomo che incarna la lotta solitaria contro un sistema oppressivo, radicato nei secoli. Non è la solita storia dei vinti, ma di un “personaccio” – come qualcuno lo ha definito– che, pur partendo dagli ultimi gradini della scala sociale, riesce a vincere la sua battaglia con le armi della cultura. Una vittoria amara, però, perché ottenuta in un mondo dove il cambiamento è solo illusorio, e dove i potenti, come scriveva Tomasi da Lampedusa, “cambiano tutto per non cambiare nulla”.
Tardio è un figlio della terra, cresciuto tra sudore e fatica, ma anche dotato di un’intelligenza che gli permette di distinguersi. Bravo studente, viene tollerato dal sistema, ma mai veramente accettato. Il banco dei decisori gli resta precluso, così come la possibilità di agire autonomamente. Come molti della sua generazione, crede nella politica come strumento di riscatto, sognando che un nuovo regime possa spezzare le catene dei lavoratori sfruttati. Ma si scontra con una realtà spietata: le baronie latifondiste, i poteri che controllano la terra, sono immobili. Non importa quale vento politico soffi, loro si adattano, si consolidano, escludono chiunque minacci il loro dominio.
Costretto all’esilio, Tardio matura un odio viscerale verso chi lo ha escluso. Decide che l’unica via è la vendetta, un annientamento sistematico del potere che lo ha umiliato. Ma proprio nel momento in cui crede di aver vinto, comprende di essere caduto in una trappola: il nuovo regime è solo una maschera. I signorotti della terra, i veri detentori del potere, hanno semplicemente cambiato facciata, mantenendo intatta la loro egemonia.
La storia di Tardio è un dramma moderno che ripropone l’eterna lezione del *Gattopardo*: le rivoluzioni spesso non cambiano nulla, perché chi detiene il vero potere sa adattarsi, svuotando ogni riforma del suo potenziale eversivo. Tardio combatte, vince tecnicamente, ma il sistema lo assorbe, lo neutralizza. La sua vittoria è pirrica, perché il mondo che voleva abbattere è ancora lì, solo con con un nome diverso.
Il libro della Pipolo non è solo un affresco storico, ma un monito per il presente. Quante volte, oggi, vediamo promesse di cambiamento svanire nel nulla, mentre le strutture di potere rimangono intatte? Quanti “Tardio” continuano a lottare contro un sistema che si trasforma solo per sopravvivere?
La storia di Tardio ci insegna che la vera sfida non è abbattere i potenti, ma smascherare l’ipocrisia di un sistema che si rinnova senza mai cambiare. E forse, la sua più grande vittoria è proprio questa consapevolezza: aver capito che la battaglia più difficile non è contro i padroni della terra, ma contro l’eterna resilienza del loro potere.