Per duemilacinquecento anni, un ampio tratturo ha collegato due mari, diventando una via naturale per incontri, scambi e culture diverse.
Dal VII secolo a.C., quando le popolazioni enotrie delinearono i primi sentieri, fino all’epoca romana, quando il tracciato della via Popilia (Capua – Rhegium) fu adattato lungo la dorsale degli Alburni per evitare le frequenti esondazioni del Tanagro, la “Trazzera degli Stranieri” ha rappresentato una fondamentale arteria commerciale.
Essa univa la costa tirrenica di Poseidonia (oggi Paestum) con Monte Pruno, attraversava il Vallo di Diano e proseguiva fino allo Ionio, terminando a Metapontum.
Ancora oggi, resti di selciato, muretti a secco e l’imponente valico testimoniano questa straordinaria eredità storica.
Attualmente, questo itinerario lungo oltre 200 chilometri versa in uno stato di semi-abbandono, con borghi che si spopolano, manutenzioni insufficienti o episodiche e un turismo attratto principalmente dalla costa.
Tuttavia, esistono tutte le condizioni per una rinascita: il tratturo potrebbe diventare il “Cammino dei Due Mari”, un percorso di trekking suggestivo e lento, percorribile in 12-14 giorni da Paestum a Metapontum, con possibili deviazioni verso Velia e Buxentum.
Un progetto capace di rivitalizzare le aree interne attraverso una proposta turistica sostenibile e di qualità.
L’esempio del “Cammino di Santiago” evidenzia chiaramente come anche una semplice mulattiera, con una visione strategica e integrata, possa trasformarsi in un importante motore di sviluppo.
Dai soli 67 pellegrini del 1972 si è passati ai quasi mezzo milione del 2024, generando un indotto annuale di oltre 300 milioni di euro e una crescita costante del 14%.
Tutto ciò è stato reso possibile grazie a una governance solida, reti di accoglienza diffuse, un forte branding e strategie di marketing basate su dati aperti.
Per replicare questo successo nel Cilento, sarebbe opportuno avviare investimenti mirati finanziando borse di studio per studi storici corredati da rilievi LiDAR volti al completamento del tracciato, promuovendo ricerche di Public History per uniformare i contenuti informativi e organizzando corsi di Heritage & Outdoor per formare guide locali e sviluppare servizi turistici moderni come escursioni in e-bike e agricampeggi.
Studenti universitari, associazioni e volontari o imprese con le giuste competenze potrebbero svolgere rilievi sul campo, ripulire e georeferenziare il tracciato, mentre una segnaletica coordinata – frecce blu con la spiga lucana, pannelli con più lingue e QR code interattivi – guiderebbe i camminatori passo dopo passo.
Una rete di accoglienza diffusa potrebbe offrire alloggi economici a intervalli regolari, garantendo pernottamenti a non più di 30 euro ogni 5 o 10 chilometri.
A supporto dei visitatori, un’app web progressiva disponibile anche offline consentirebbe l’accesso a mappe, informazioni sui servizi e la raccolta di timbri digitali, mentre una piattaforma open-data monitorerebbe in tempo reale flussi turistici e indicatori chiave per un’efficace gestione del percorso.
L’organizzazione di eventi storici lungo il percorso potrebbe coinvolgere le comunità locali, la stampa e i visitatori, integrandosi con itinerari gastronomici e rafforzando così la notorietà del cammino.
Il marketing territoriale rivestirebbe un ruolo strategico, attraverso campagne innovative e continue, simili a quelle della Xunta de Galicia, che hanno reso Santiago un brand globale e riconosciuto.
Per comprendere davvero cosa significhi lo sviluppo legato al Cammino di Santiago, sarebbe auspicabile che molti amministratori e funzionari pubblici coinvolti nella programmazione territoriale dei nostri territori vivessero direttamente l’esperienza di un cammino in Spagna.
Solo calandosi nei ritmi lenti e nei paesaggi dell’entroterra del Cammino di Santiago, attraversando borghi un tempo spopolati e oggi rigenerati grazie al passaggio quotidiano di pellegrini, si può cogliere l’impatto profondo che questo modello ha avuto sul rilancio delle aree interne.
Un’esperienza diretta fornirebbe strumenti concreti per ripensare politiche locali non più fondate sulla frammentazione ma su una visione integrata e duratura.
La via più economica e formativa per molte amministrazioni comunali potrebbe essere quella di attivare gemellaggi istituzionali con i comuni dell’entroterra spagnolo attraversati dal Cammino di Santiago.
Questi scambi permetterebbero di toccare con mano la realtà di uno sviluppo che ha trasformato territori marginalizzati in mete attrattive, fornendo esempi concreti e replicabili di buona governance, valorizzazione culturale e rilancio turistico delle aree interne.
Per creare un progetto del genere occorre prima di tutto avere la volontà di far crescere i nostri territori e l’occupazione negli stessi, come risposta concreta allo spopolamento.
È fondamentale evitare di disperdere risorse pubbliche in una moltitudine di microprogetti scollegati tra loro, che rispondono ad altri obiettivi e che finiscono per frammentare e indebolire gli investimenti sul territorio.
Anche con stime prudenti, l’attivazione di questo antico cammino storico potrebbe generare ricadute economiche tangibili fin dai primi anni, attraverso l’incremento di presenze turistiche, la valorizzazione delle strutture ricettive locali e la creazione di nuovi servizi legati all’accoglienza e alla mobilità dolce.
Più che un semplice progetto, la “Trazzera degli Stranieri” è oggi una concreta opportunità di sviluppo sostenibile: un patrimonio storico-culturale che attende di essere valorizzato e vissuto.
La strada già esiste: è tempo di unirsi per darle voce e futuro.
È giunto il momento che Cilento, Vallo di Diano e Alburni accolgano questa sfida, presentando al mondo il “Cammino dei Due Mari” lungo la “Trazzera degli Stranieri“.