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    Società

    Da Piaggine a Capaccio Paestum c’è un “mare” di migrazioni

    Di Bartolo Scandizzo17 Ottobre 20245 Min Lettura526 VisiteNessun commento
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    Su invito del liceo Piranesi di Capaccio Paestum, mi reco presso la struttura che ospita l’istituto diretto per anni da Loredana Nicoletti e oggi affidato a  Giovanna Tufarelli. L’argomento della ricerca che hanno svolto Domenico Grimaldi, Manuel Lembo, Francesco Junior De Gregorio, Emanuele Curcio, e Davide Garofalo sotto la guida dei docenti Antonio Sacco e Alessandro Sorgente è un lavoro di indagine e analisi dei dati ISTAT sullo spopolamento dei comuni dell’alta e bassa Valle del Calore, del Sammaro e del Fasanella.

    Sono un po’ in ritardo e questo mi consente di salutare sia Mimì Minella sia Loredana Nicoletti proprio all’ingresso dell’istituto in procinto di salutarsi. Sono due personalità che hanno fatto la storia della scuola nell’area compresa tra Agropoli e Capaccio Paestum con puntate nella

    Valle del Calore. In particolare Mimì Minella che ha scalato, uno dopo l’altro, tutti i gradini della struttura gerarchica della scuola.

    Li lascio continuare a trattare

    Fa un certo effetto entrare in una sala gremita di ragazzi che frequentano il liceo scientifico di Capaccio Paestum e sentire parlare di “spopolamento” dei comuni della Valle del Calore.

    La sorpresa è ancora più grande perché è stata proprio la “Città dei templi” ad accogliere nei decenni precedenti buona parte delle famiglie che hanno disceso la “valle” per trovare miglior vita facendo così lievitare fino a 22000 il numero dei residenti.

    La ricerca che i giovani ricercatori, sotto la guida dei docenti, hanno svolto e tradotto in grafici rappresenta con dovizia di particolari come, dal 1991 al 2022, si è assistito allo svuotamento dei piccoli paesi travasando interi nuclei familiari nei comuni di Capaccio Paestum, Altavilla e Albanella dove il saldo è positivo anche per il gran numero di migranti ormai integrati nel tessuto economico e sociale.

    C’è da ricordare che Capaccio, Albanella e Altavilla hanno pagato, come altri paesi collinari, lo scotto del debordante sviluppo urbanistico assecondato dalle amministrazioni che  lo hanno “governato” e favorito.

    Un altro comune che resta a galla nel “mare” procelloso rappresentato dai dati è Roccadaspide.

    La città “baricentro” della Valle del Calore resta a galla in termini numerici assoluti ma cede, come Albanella, nei confronti di Matinella; e Altavilla, nei confronti di Cerrelli e Borgo Carillia; fette di residenti alla frazione di Fonte, ma recuperando risucchiando verso il centro dalle altre frazioni rurali: Tempalta, Carretiello, Doglie … Senza contare del fatto che molti residenti sono immigrati “attratti” dall’offerta di lavoro delle aziende zootecniche e agricole e che, necessariamente, hanno dovuto sistemarsi nei comuni dove lavorano.

    Ognuno interpreta i numeri a suo piacimento e, pertanto, è inutile entrare e ginepraio delle “sottolineature” …

    Però, un dato accomuna i quattro comuni che vantano numeri inalterati rispetto al 1991 … I loro centri storici, nonostante investimenti cospicui fatti nel corso degli ultimi 20 anni, sono quasi del tutto “chiusi” alla vita vissuta.

    Per cui, se in alta valle si “piange” per la desertificazione demografica, nei borghi collinari certamente non si “ride” nei centri che soffrono per la chiusura di negozi di ogni settore commerciale.

    Infine, mi ha colpito molto (negativamente) l’intervento finale del professore Sacco, originario del mio stesso paese, Piaggine!

    Sacco, che ha guidato magistralmente i giovani ricercatori, ha addossato la “colpa” dell’abbandono delle aree interne alla scarsità di strade veloci che scoraggerebbe i residenti nei piccoli borghi a restare nei luoghi dove sono nati: “una strada a scorrimento veloce avrebbe trattenuto a in montagna lui e tanti altri (anch’io fra questi) dal partire verso un altro e più attrattivo futuro.

    Questo non è dato di sapere con certezza …

    Una cosa è certa, invece … se prendiamo ad esempio la Costiera Amalfitana e Sorrentina, ci si può rendere conto ad occhio “nudo” del fatto che centinaia di migliaia di turisti non vi arrivano per la comodità della strada che devono percorrere per raggiungere Maiori, Amalfi, Ravello, Positano, Sorrento … ma perché hanno un buon motivo per farlo. Questo fatto, nonostante che anche dalla “Costiera” siano partiti per ogni dove migliaia di pizzaioli, poi diventati ristoratori affermati ad ogni latitudine in Italia e All’estero,

    Mentre è certo che sono numerose le famiglie, provenienti dai paesi della Valle del Calore e dalle altre aree interne, a scegliere di stabilirsi in pianura a Cerrelli, Matinella, Fonte ed altre contrade che sono diventate più attrattive per lo sviluppo economico prodotto dagli anni ’60 in avanti sfruttando quello che madre natura aveva messo a loro disposizione adeguando i servizi e creando occasioni di lavoro.

    Purtroppo, la grande occasione che è stata l’istituzione del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni nel 1991 che ha portato sul territorio investimenti poderosi e riconoscimenti internazionali del valore e della bellezza del territorio, è stata sottovalutata la punto di farla diventare un problema invece di una leva sulla quale costruire il futuro come è avvenuto in decine di altre realtà anche vicine a noi … per esempio il parco del Pollino e di Abruzzo.

    Senza contare che l’intera fascia costiera cilentana che, salvo in alcune eccezioni, è stata “stuprata” del suo “carattere” unico per farne una sarabanda di costruzioni che hanno svuotato i borghi storici collinari per entrare nel “medioevo” della modernità consumistica del “mordi e fuggi” con migliaia di seconde case e centinaia di alberghi che, per la maggior parte, restano a “guardare” solitarie il mare per otto mesi su 12 all’anno.

    Tornando alla ricerca fatta dagli studenti liceali bisogna dare atto che i numeri non mentono ma è necessario anche fare in modo che possono essere compresi da chi ha il potere e la responsabilità di tentare un’inversione di tendenza che, per quanto difficile, è un dovere imprescindibile per chi si è candidato ed è stato eletto o nominato a cariche pubbliche.

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