Nelle zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni, la politica economica sembra aver abbandonato ogni logica di sviluppo a favore di un inefficace rincorrere il consenso.
Lo spopolamento e la mancanza di opportunità lavorative continuano a caratterizzare queste aree, mentre milioni di euro si sono dissipati in investimenti che non hanno portato crescita economica sufficiente.
È un paradosso che le nuove generazioni osservano con rassegnazione: promesse politiche che, seminando illusioni, raccolgono in molte aree interne del territorio solo abbandono e declino.
Il dramma dello spopolamento non è solo una questione demografica, ma un problema economico e sociale di dimensioni epocali.
Ogni famiglia che decide di lasciare il territorio porta con sé un pezzo del futuro della comunità, creando un circolo vizioso che si autoalimenta: meno persone significa meno imprese, meno lavoro e quindi ancora meno abitanti.
L’analisi dei dati Istat degli ultimi decenni parla chiaro: moltissimi comuni delle aree interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni registrano uno spopolamento inarrestabile.
La politica non è stata capace di mettere in campo azioni concrete e coordinate per arginare questo fenomeno, lasciando che i paesi si svuotassero progressivamente.
Oggi molte zone delle aree interne sono caratterizzate da una scarsa presenza di imprese e da un sistema produttivo debole.
La politica, invece di stimolare l’imprenditorialità e attrarre investimenti sostenibili, ha preferito disperdere risorse in progetti inefficaci nel combattere lo spopolamento che in molti casi hanno creato cattedrali nel deserto.
A cosa sono serviti gli interventi infrastrutturali se non a perpetuare una rete viaria inefficiente e a creare opere pubbliche che oggi giacciono incompiute o sottoutilizzate?
Gli investimenti economici effettuati, se analizzati in profondità, rappresentano un caso studio emblematico di spreco e inefficienza che dovrebbe essere approfondito nelle facoltà di economia di tutto il Paese.
In moltissimi casi, milioni di euro sono stati spesi senza produrre alcun reale e sufficiente beneficio economico ed occupazionale per il territorio, come se ogni euro investito avesse contribuito solo a rafforzare le cause stesse del declino.
La carenza di un piano di sviluppo coordinato efficace è una delle cause principali del fallimento delle politiche territoriali.
Invece di unire le risorse e le competenze locali per creare un progetto di crescita integrato, i piani di sviluppo sono stati frammentati e scollegati dalle reali esigenze del territorio.
L’assenza di una visione a lungo termine ha portato all’attuale frammentazione degli interventi e alla mancanza di strategie che possano realmente favorire la crescita economica.
Un piano di sviluppo efficace dovrebbe partire da un’analisi dettagliata delle risorse del territorio e delle sue potenzialità, coinvolgendo non solo le amministrazioni locali ma anche le comunità, le menti più brillanti delle università e il tessuto produttivo.
Senza un coordinamento e una strategia condivisa, ogni singolo progetto rischia di trasformarsi nell’ennesima incompiuta, lasciando dietro di sé solo disillusione e amarezza.
Per evitare gli errori del passato, il piano di sviluppo del territorio deve essere accompagnato da strumenti di controllo efficaci, in grado di monitorare costantemente lo stato di avanzamento dei progetti e di produrre eventuali correttivi in corso d’opera.
Solo attraverso una supervisione continua e l’attuazione di modifiche mirate, sarà possibile garantire che gli interventi previsti portino realmente sviluppo e creino posti di lavoro duraturi.
Questo approccio non solo ridurrà gli sprechi, ma permetterà anche di adattare le strategie alle reali esigenze del territorio, aumentando le possibilità di successo delle iniziative avviate.
È fondamentale che tali strumenti siano trasparenti e accessibili, coinvolgendo cittadini e imprese locali in un dialogo aperto e costruttivo.
Solo così sarà possibile costruire una fiducia reciproca e consolidare un piano di sviluppo che non sia solo sulla carta, ma che si traduca in crescita concreta e sostenibile per le comunità del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni.
Il futuro del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni non può essere lasciato al caso o alle promesse politiche che da decenni si dimostrano inconsistenti.
È necessario un cambiamento radicale nell’approccio alla gestione del territorio, che metta al centro le persone e le loro esigenze reali.
Servono investimenti in formazione, supporto all’imprenditorialità locale, infrastrutture moderne che colleghino realmente il territorio e un marketing territoriale che valorizzi le eccellenze culturali, naturali e produttive della zona.
Solo così sarà possibile invertire la rotta e dare speranza alle giovani generazioni.
Per non cadere nella trappola delle solite promesse, è necessario un cambio di paradigma nella gestione politica ed economica delle aree interne.
I politici locali, provinciali e regionali devono iniziare a credere veramente nel potenziale del territorio e lavorare insieme per realizzare un vero piano di sviluppo che non sia solo sulla carta, ma che venga attuato con trasparenza e concretezza.
L’analisi degli investimenti fatti finora dovrebbe essere il punto di partenza per non ripetere gli errori del passato e costruire un futuro basato su scelte oculate e strategiche.
L’implementazione di strumenti di controllo e correttivi durante l’esecuzione dei progetti è cruciale per evitare nuovi sprechi e assicurare che ogni risorsa investita produca effetti tangibili e duraturi.