Lo svantaggio economico, sociale e infrastrutturale è strettamente connesso alla maginalità socioeconomica, a quelle criticità in cui versano i contesti microterritoriali più isolati e interni. Il depotenziamento strutturale, che si intreccia con la contrazione demografica, depaupera il reddito e riduce la propensione al consumo, e contraendo il sistema dei servizi locali accelera lo spopolamento e ostacola qualsiasi forma di ripresa.
Occorre prendere atto delle disuguaglianze economiche, avvertire la necessità di trovare soluzioni agli squilibri territoriali e individuare azioni che mirino a una maggiore coesione sociale e territoriale. La competitività tra territori svantaggiati per l’accesso ai servizi essenziali è il primo ostacolo alla crescita.
Soltanto la coesione territoriale può contrastare lo spopolamento delle aree più isolate e meno sviluppate: una coesione attuata attraverso una più equa distribuzione dei servizi essenziali. In tal modo le aree interne, zone marginali ma anche ricche di una propria forte identità, potrebbero trovare nuovi percorsi di sviluppo. Si tratta di piccoli borghi o frazioni con poche centinaia, se non decine, di abitanti, che presentano criticità comuni: elevati livelli di disoccupazione; una preoccupante riduzione dei residenti, in particolar modo dei giovani; difficile accessibilità ai servizi essenziali; isolamento fisico attribuibile a criticità viarie e idrogeologiche, a cui si unisce l’isolamento virtuale causato dallo scarso sviluppo dei servizi telematici. Alle difficoltà economiche e sociali dei cittadini si sommano i costi sociali causati dal degrado del paesaggio e del capitale territoriale inutilizzato, con pesanti ricadute economiche a livello provinciale e regionale. Sono pochi ma significativi gli esempi virtuosi di comunità che attraverso la coesione sociale hanno saputo mantenere, se non perfino aumentare, il numero degli effettivi abitanti: comuni e amministrazioni che hanno tutelato il capitale territoriale, in particolar modo ambientale e culturale. Intorno a queste esemplari realtà, il paesaggio ha assunto una fisionomia spettrale.
Per evitare il totale abbandono dei territori marginali, le azioni da intraprendere sono, ovunque, riqualificare e valorizzare il patrimonio rurale, rafforzando il tessuto produttivo agro-alimentare; il miglioramento della mobilità per favorire l’interazione fra i borghi confinanti; incrementare la coesione sociale e territoriale attraverso servizi essenziali comuni, come scuole e presidi sanitari; implementare la digitalizzazione. Basandosi sulle reali necessità dei borghi confinanti, attraverso la cooperazione delle diverse amministrazioni, occorre mirare, insieme, a un equilibrato sviluppo comune che rispetti le caratteristiche identitarie di ciascun borgo per una crescita economica e coesiva che miri all’occupazione.
Tracciare un piano comune di interventi strategici è il primo, concreto passo che possono compiere le amministrazioni delle aree disagiate confinanti per contrastare i gravi svantaggi che attanagliano il territorio e la popolazione. I primi segnali di sviluppo potrebbero senz’altro arrivare dal settore agroalimentare, a cui il Cilento è vocato, con l’obiettivo di promuovere le variegare specialità agricole. Per attrarre il turismo è fondamentale invece realizzare concreti interventi di miglioramento all’accessibilità, giacchè la scarsa viabilità rappresenta un forte punto di debolezza non solo delle aree interne ma di tutto il territorio del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Puntare sugli aspetti ambientali è il requisito necessario per poter cogliere l’opportunità del turismo sostenibile di visitatori interessati a esplorare i tanti siti naturalistici e scoprire il ricco patrimonio rurale che proprio l’isolamento ha tutelato.
Scoprire e valorizzare i punti di forza del settore agroalimentare e dello sviluppo del turismo nelle aree interne significa valorizzare la cultura e la natura dei luoghi. Fare ciò richiede azioni volte a contrastare il dissesto idrogeologico, rafforzare la coesione sociale e territoriale e costruire nuove prospettive di sviluppo per favorire l’occupazione e frenare l’emigrazione giovanile.