Un interessante mostra-itinerario alla ricerca di frammenti di papiro del Vangelo scritto dall’Apostolo di Cafarnao
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I papiri di Matteo

Renaldo Fasanaro ha compiuto un viaggio verso i luoghi dove già fu Matteo per «incontrarsi con lui e confrontarsi con il suo messaggio, scritto da uomini su papiri, ma trasmessi da Cristo»

Cultura
Cilento martedì 27 settembre 2022
di Vito Pinto
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Ritratto di Matteo - opera polimaterica di Renaldo Fasanaro © Unico Settimanale

Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme del 70 d.C. ad opera dei romani, si registrò una vera e propria diaspora di giudei convertiti al cristianesimo verso l’Egitto, dove, lungo il corso del Nilo e nelle oasi interne a ridosso del fiume, fondarono numerosi insediamenti. Tra questi vanno ricordati quelli di Karanis, Tebtynis e soprattutto quelli di Coptos e Ossirinco, nei quali si è registrato il maggior numero di ritrovamenti di papiri relativi al Vangelo di Matteo.
«La ricerca di testimonianze relative ai testi evangelici originari scritti su fogli di papiro ha da sempre richiamato un folto numero di archeologi, papirologi e paleografi oltre la Giudea in specie nelle aree geografiche dell’Egitto settentrionale» scrive Renaldo Fasanaro, in una pregevole e dotta pubblicazione – edizione Bruno Libri - che ha accompagnato la sua mostra dedicata a “I Papiri di Matteo” in esposizione in occasione delle giornate Matteane volute dalla Curia Arcivescovile di Salerno, in specie da Mons. Arc. Andrea Bellandi, in preparazione della festa del Santo Patrono di quella che veniva definita “Opulenta Civitas”. 
In un delizioso libretto intitolato “I luoghi di San Matteo” (Plectica editore), Giuseppe Liuccio scrive: «Il 21 agosto il solleone picchia duro. E in una città di mare la gente ceca refrigerio negli stabilimenti balneari a carezza di brezza. Eppure i Salernitani nel pomeriggio lasciano sedie a sdraio e ombrelloni e fanno ritorno a casa. L’appuntamento per tutti è alle 19 alla Cripta del Duomo per la funzione eucaristica sulla Tomba del Santo Patrono, ma soprattutto per seguire la processione lungo Via Roberto il Guiscardo e fino al quadriportico del Duomo e partecipare alla cerimonia dell’Alzata del Panno sul pennone più alto. Il sacro telo rappresenta San Matteo sul Golfo della città, quasi a dare forza icastica alla scritta “Salerno è mia, io la difendo”». E ricorda, altresì, Liuccio che «è quasi un riappropriarsi da parte della città … dell’orgoglio e della protezione dell’Apostolo Evangelista».
Ma se Salerno appartiene a San Matteo, in qualche modo anche il Santo Evangelista deve appartenere a Salerno e ai salernitani e la partecipazione di questi (non solo residenti, ma anche provenienti dai territori della provincia oltre che da altre parte d’Italia, e del mondo, dove i salernitani sono emigrati) alla suggestiva quanto “popolare” e per certi versi “spettacolare” processione ne è testimonianza visiva e nel contempo intima.
Scrive, infatti, Lorella Parente in presentazione alla pubblicazione di Fasanaro: «Risulta infatti necessario supportare tutte le espressioni della religiosità popolare con un fondamentale elemento senza il quale nulla avrebbe senso, neanche le preghiere di affidamento, ossia l’incontro con la Parola di Dio, che risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel mondo». Ecco, allora, che, in questo contesto di giornate Matteane e festeggiamenti per il Santo Patrono, ben si inserisce la mostra “I Papiri di Matteo” realizzata da Renaldo Fasanaro, architetto, pittore e soprattutto ricercatore di tracce perdute: 63 reperti in riproduzione di frammenti di papiri riportanti il testo evangelico di Matteo, il quale, non va dimenticato, è il primo dei quattro evangelisti nella lettura del sacro testo.
Fasanaro ha compiuto un viaggio verso i luoghi dove già fu Matteo per «incontrarsi con lui e confrontarsi con il suo messaggio, scritto da uomini su papiri, ma trasmessi da Cristo». Per la verità l’architetto non è nuovo ai viaggi in cerca di particolari emozioni, alla scoperta del come erano quei personaggi che di volta in volta lo rapiscono per il loro essere stati uomini particolari. Ha viaggiato sulle orme di Hemingway, rincorso sino a Cuba, raccontato con immaginifici disegni e tele di grande forza emotiva, così come lo ha fatto con Costabile (Lucio) Severino, corallaro di Santa Maria di Castellabate, silenzioso come gli abissi che frequentava, raccontato con particolare suggestione in una mostra recente.
Il viaggio alla ricerca di Matteo Apostolo si è svolto in Egitto, lungo le rive e le oasi del Nilo dove si erano rifugiati i primi cristiani e dove sono i siti che hanno restituito numeroso materiale prezioso per la conoscenza del Vangelo e dei primordi della Chiesa di Cristo. Due anni di lavoro personale, intenso, intimo e immateriale: ha dovuto a lungo meditare su ciò che incontrava nel suo viaggio-ricerca. Quindi i trasferimenti all’Ashmolean Museum dell’Università di Oxford e all’Archivio della Papyrology Room alla Sacker Librery nonché alla Biblioteca Bodleiana nel Regno Unito, alla The Egypt Exploration Society di Londra, a Filadelfia - Università della Pensylvania nonché al Muhlenberg College. E ancora al Museo Semitico dell’Università di Harward negli USA e al Seminario Teologico di Princeton. Insomma una mostra che ha portato il suo autore in giro per il mondo alla ricerca di quei frammenti del vangelo di Matteo che stanno a testimoniare la grande forza di questi documenti papiracei, la maggior parte rinvenuti a Coptos e Osssirinco tra il 1895 e l’anno successivo.
Ma il lavoro di Fasanaro non si è limitato a scoprire o a presentare una fotografia di quanto rinvenuto e studiato. Egli ha voluto rendere la sua ricerca viva, vibrante, capace di rendere partecipe quanto più possibile il visitatore presentando il suo lavoro con una serie di riproduzioni di quei documenti, o meglio di quei frammenti di vangelo di Matteo che lui aveva guardato e meditato in originale. Così 63 frammenti di papiro sono stati ri-prodotti da Fasanaro su papiro, inseriti in teche sotto vetro e offerti all’emozione di quanti in questi giorni hanno visitato la mostra.
Una pregevolezza è poi la riproduzione dell’amuleto di Matteo, una piccolissima pergamena ripiegata ad ottagoni da portare al collo come protezione per l’uomo nel suo cammino terreno. Risalente alle civiltà mesopotamiche, l’amuleto ebbe larga diffusione tra i giudei, anche tra quelli convertiti al cristianesimo, nonostante che questa pratica non fosse ben vista dalla Chiesa, a meno che non contenesse parole del Vangelo, come quello di Giovanni o quello di Matteo, definito con termine greco “Iamatikon” cioè “rimedio” e nel quale è riportato un brano del Vangelo relativo alle guarigioni effettuate da Gesù; dice:  «Rimedio (iamatikon) Vangelo secondo Matteo. E andava Gesù per tutta la Galilea insegnando e annunciando il Vangelo del regno e guarendo ogni malattia ed ogni malattia ed ogni infermità nel popolo e si diffuse la fama di lui per tutta la Siria e portavano da lui quelli che avevano dei mali e guariva quelli Gesù». Un “Iamatikon” che nel piccolo ottagono posto al centro della composizione di quindici contiene la riproduzione di un antico ritratto dell’Apostolo ed Evangelista Matteo datato V-VI secolo d.C. e trovato sulla pergamena-amuleto. Immaginifiche emozioni che appartengono ad un intimo personale.

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