n Italia, i 24 parchi nazionali presenti in 19 delle 20 regioni italiane interessano la superficie di 502 dei 7.998 comuni in cui è suddiviso il territorio nazionale e si estendono su una superficie di quasi 15.000 kmq.

Vivere il parco per un nuovo "rinascimento"

I piccoli comuni sono presi d'assalto da chi cerca "più spazio e meno velocità." Sarà in grado Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni di approfittare?

Ambiente
Cilento giovedì 17 giugno 2021
di Bartolo Scandizzo
Immagine non disponibile
Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano © web

Vivere in un'area protetta è una fortuna che capita ad una piccola parte dell'Umanità. Infatti, la stragrande maggioranza dei circa 7 miliardi di esseri umani che vivono sulla terra abita nei grandi e grandissimi agglomerati urbani formatisi negli ultimi due secoli del 2° millennio.

Al contrario, includendo anche le aree marine protette, con oltre i 50 milioni di chilometri quadrati tutelati, la superficie totale è pari ad un decimo dell'intero pianeta, oggi è protetto per preservarlo alle generazioni che verranno. È questo il dato più incoraggiante emerso dall'ultimo Protected Planet Report 2020, il rapporto biennale stilato dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) insieme all'Unione mondiale per la conservazione della natura (IUCN).

(http://www.areeprotette-economia.minambiente.it/docs/booklet.pdf)

In Italia, i 24 parchi nazionali presenti in 19 delle 20 regioni italiane interessano la superficie di 502 dei 7.998 comuni in cui è suddiviso il territorio nazionale e si estendono su una superficie di quasi 15.000 kmq. La maggior parte dei parchi nazionali italiani riguarda le aree montane del nostro paese e in particolar modo l'Appennino Centro-Meridionale, dove si concentra quasi la metà di queste aree; quattro sono i parchi che si estendono sull'arco alpino.

A questi vanno aggiunti undici parchi che hanno uno sbocco sul mare tra cui quello di Pantelleria istituito nel luglio del 2016.

Nella destinazione d'uso del suolo delle aree parco, prevalgono le zone boscate e quelle arbustive che ricoprono circa i 2/3 dei parchi, mentre la maggior parte del restante territorio (pari circa al 22%) è destinato all'agricoltura e all'allevamento. Non a caso ai parchi nazionali fanno riferimento tutta una serie di produzioni codificati con marchi IGP e DOP. Se, poi, si volesse tener conto dell'elenco completo dei prodotti a marchio tipici provenienti da queste aree sarebbero centinaia ...

Nei 258 comuni italiani, con almeno il 45% di superficie coperta da un parco nazionale, risiedono 717.274 persone. Si tratta di zone che poco incidono in termini di popolazione residente rispetto ai 60 milioni che risiedono in Italia. Queste realtà, però, presentano delle peculiarità piuttosto significative, derivanti principalmente dal fatto che i parchi nazionali, estendendosi in maggioranza nell'Italia Centro-Meridionale, ne assorbono alcune delle caratteristiche più significative sia in termini demografici che economici. Le aree protette, inoltre, sono caratterizzate da un livello di urbanizzazione piuttosto modesto visto che si estendono in gran parte in zone montane. Infatti, la densità abitativa è di 47,6 abitanti per ogni Kmq, più di quattro volte più contenuta di quella media nazionale. A questo va aggiunto un aspetto strutturale: l'area è contraddistinta da un processo di invecchiamento complessivo con qualche eccezione come il parco del Vesuvio e del Circeo, in cui ancora oggi i giovani con meno di 15 anni superano coloro che hanno più di 64 anni; nelle Cinque Terre invece si contano 4 anziani ogni giovane presente un'età media che supera i 50 anni. Il processo di invecchiamento è dovuto essenzialmente a fenomeni di emigrazione interna particolarmente intensi nel complesso dei parchi nazionali e soprattutto in alcune aree del Mezzogiorno come l'Aspromonte, la Sila e la Majella e del Cilento. A tali fenomeni di migrazione verso le città o verso l'etero, non corrispondono flussi di identica entità per quanto riguarda la capacità di attrazione. Infatti, la componente straniera (quella che ancora oggi appare più feconda rispetto a quella autoctona, anche se i comportamenti riproduttivi si stanno via via uniformando) appare ancora debolmente presente sul territorio dei parchi nazionali con una incidenza del 4,5% che è quasi la metà del livello medio italiano.

Pertanto nella stragrande maggioranza dei parchi nazionali italiani coesistono processi di invecchiamento e di spopolamento che di fatto sono trasversali. Solo nel 2015, rispetto al 2014, la popolazione residente nei parchi è diminuita dello 0,5%, con soli due parchi (Circeo e Vesuvio) in controtendenza, mentre lo spopolamento più consistente ha riguardato la Majella, che ha perso l'1,6% di popolazione. Nello stesso anno nei Parchi Nazionali italiani è nato 1%, pari a 5.499, del totale, di questi 361 sono stranieri.

Oggi, con la pandemia da Covid19, i piccoli comuni sono stati presi d'assalto da chi cerca "più spazio e meno velocità". Questo momento potrebbe essere l'inizio di un nuovo "rinascimento" perché sono state tante le famiglie ad interrogarsi su come garantirsi una qualità della vita migliore. La possibilità di lavorare da remoto (Smart working), in realtà già adeguatamente infrastrutturate con la connessione di rete veloce, può essere molto incentivante.

Inoltre, la coda del fenomeno pandemico e una certa assuefazione ai cambiamenti imposti dalla necessità potrebbero spingere una buona percentuale di "cittadini" ad andare a "vivere in campagna". È questo ed ora il momento giusto per fare "campagna acquisti" di nuovi potenziali residenti tra quelli che sono alla ricerca di più spazio e meno velocità (a parte la connessione di rete).

Sarà in grado Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, con un territorio estremamente eterogeneo e perciò attrattivo, di approfittare di questa "occasione"?

Sarà capace nella fase di programmazione del prossimo quinquennio di mettere in primo piano gli interessi dei piccoli borghi a discapito della decina (Capaccio Paestum, Agropoli, Santa Maria di Castellabate, Ascea, Pollica, Centola, Camerota, Sapri, Sala Consilina e l'intero grande agglomerato della "Città del Vallo di Diano) di realtà che, anch'esse, hanno contribuito a svuotare i piccoli centri per alimentare la loro voglia di crescere?

È necessario un cambiamento di passo sia nella destinazione delle risorse e, ancora di più, nell'investimento di attenzione di strategia politica. I sindaci alla guida dei piccoli comuni hanno il diritto di assumersi l'onere del "governo" dell'ente indicando le priorità che sono il minimo denominatore delle piccole realtà senza cedimenti nei confronti di chi viene nominato dal potere centrale?

Già nella passata consigliatura nel direttivo dell'ente sedevano 4 sindaci di piccoli comuni (Morigerati, Trentinara, Omignano, Campora), più il presidente e direttore (Sassano e Laurino), sindaci anche loro. Purtroppo la loro azione non ha reso giustizia delle rivendicazioni della parte più debole dell'area protetta.

L'esperienza fatta, però, dimostra che c'è spazio per andare oltre ciò che è stato per approdare a qualcosa che sappia segnare in modo positivo il futuro che mai come ora è nelle nostre mani.

Bartolo Scandizzo

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