Le volpi attaccano i vitelli appena nati azzannando loro la lingua che porta alla sua nidiata”
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Piaggine. Motola, il monte “bambino” si contrappone al Cervati, quello “maggiore”

Il pastore che incrociamo sulla strada del ritorno ci spiega che “i vitelli quando nascono escono con la testa in avanti e con la lingua che cerca la mammella della mucca.

Ambiente
Cilento lunedì 06 marzo 2023
di Bartolo Scandizzo
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Monte Motola © Unico Settimanale

Monte Motola è stato per me il “monte bambino persino sparato”. L’immaginario che ho della montagna che contrappone al monte Cervati, quello maggiore, che si erge più a Sud mostrando il suo lato Nord lo descrissi in una “poesia” che scrissi un po’ di tempo fa che mi fa piacere ricordare a me stesso e  a quanto hanno piacere leggere.

In questo inverno di neve che ha imbiancato i monti del Cilento, Alburni, Motola, Cervati, Cervatello, Gelbison e Bulgheria, ho più volte risalito i sentieri e percorso le strade che portano in quota oltre i 1400 metri per godere del panorama e, in diverse occasioni, camminare sulla neve caduta copiosa fina dall’inizio di dicembre del 2022.

Domenica 5 marzo, la bella giornata di sole, che ha posto fine ad una settimana di perturbazioni con  precipitazioni nevose, è l’ideale per approfittare di passeggiare e godere del panorama che solo la neve fresca può regalare alla vista di chi ama la montagna.

Con Gina,  ci alziamo di buon’ora per metterci in marcia verso la montagna. Scegliamo di dirigerci verso le pendici sud del monte Motola, nella zona identificata come monte Vivo dove è situata la cappella della Madonna che porta il suo nome.

Il sole è già alto quando iniziamo a percorrere la strada sterrata e resa quasi impraticabile dagli innumerevoli rivoli che scendono dalle pendici del monte rilasciati dalla neve fresca caduta nella notte. A destra gli imponenti bastioni del Cervati ricoperti di neve fanno un tutt’uno con la faggeta situata più a valle e che si stende dolcemente lungo il crinale che segna il confine con il territorio ricadente nel comune di Monte San Giacomo. È quel crinale la meta della nostra escursione dal quale potremo scavallare con lo sguardo la grande vallata dove nascono le orchidee selvatiche e che popolano in primavera l’altopiano che arriva fino a Sassano.

Per evitare la strada resa impraticabile dal fango, decidiamo di seguire le tracce di un allevatore che si muove agilmente a monte della recinzione che controlla con attenzione per assicurarsi che non abbia subito danni sia dalle abbondanti nevicate sia da eventuali animali vaganti alla ricerca di cibo.

Il verde dei pascoli, che emerge già prepotente nelle larghe chiazze lasciate libere dalla neve che arretra verso il l’alto dove la temperatura è più rigida, è contraddistinto da un luccichio causato dai raggi del sole che appoggiandosi al suolo intercettano il “distillato” di acque che si fanno strada verso valle.

Con un po’ di attenzione, è facile evitare di bagnarsi i piedi o di dover cambiare strada per evitare la fanghiglia che ci si para davanti. Alla nostra destra scorre la stradina comunale ridotta ad un sentiero impraticabile per le siepi che la neve ha schiacciato fino a farle collassare nel tratturo.

Corvi volano in gruppi alla ricerca di resti di mais che l’arrivo della brutta stagione ne ha impedito la raccolta; qualche falco volteggia nel cielo che negli anni ’60 del secolo scorso vide riprendere il volo all’aquila reale catturata ferita, curata e rilasciata libera di andare nei suoi mondi; oltre i recinti eretti a protezione degli allevamenti di bovini che da sempre sono di casa in questi luoghi e dei pascoli, che altrimenti sarebbero devastati dalle “orde” di cinghiali alla ricerca di che nutrirsi …

Poi ci sono le volpi … Il pastore che incrociamo sulla strada del ritorno ci spiega che “i vitelli quando nascono escono con la testa in avanti e con la lingua che cerca la mammella della mucca. Le volpi attaccano i vitelli appena nati azzannando la lingua che porta alla sua nidiata”.

Si chiama Pasqualino Di Perna che, terminata l’ispezione della recinzione, riprende la via del ritorno … è facile entrare in contatto e scambiare opinioni su come si è evoluto il modo di interpretare il ruolo di allevatore e pastore.

“Grazie ad un finanziamento dell’Ente Parco del Cilento Vallo di Diano e Alburni, siamo riusciti a recintare i pascoli e mettere in sicurezza gli animali dalle incursioni di cinghiali e lupi! Per difendere i vitellini dalle volpi le mucche gravide in procinto di partorire, vengono rinchiuse in un apposito recinto con una rete a maglie più fitte.” dice con un certo orgoglio. La soddisfazione traspare anche dal fatto che sono i suoi due figli ad occuparsi dell’azienda zootecnica: “uno è laureato in Zootecnica all’università di Napoli e ha deciso di restare a Piaggine per mettere in pratica tutto ciò che ha studiato.

La discesa verso valle è agevole e, seguendo Pasqualino che fa da guida, possiamo tranquillamente parlare dei tempi in cui questo versante del Motola era popolato da oltre un migliaio di capi bufalini e diverse migliaia di capi ovini. Parliamo del di Piaggine, di come sarebbe necessario attivarsi per fare investimenti produttivi e non solo ad erigere strutture destinate a restare vuote di “contenuti”. Il suo telefono squilla in continuazione … risponde e rinvia tutti a risentirci più tardi.

Quando sale in auto per riprendere la strada del ritorno ci regale due arance, gli faccio dono della copia del nostro ultimo libro (Cilentani in argentina) e di una copia dell’ultimo numero di UNICO PATRIMONIO.

Gina torna in paese in auto, io mi avvio di corsa per concedermi la soddisfazione di vivere la mia passione di podista discendendo fino in paese godendomi il panorama che si stende sotto i miei occhi fino alla “costa del mito”. Le colline popolate dai monaci basiliani e rese fertili di frutti e ricche di chiese intorno alle quali sono cresciuti borghi che baciati dal sole. Sullo sfondo, i Monti Alburni chiudono il cerchio che abbraccia la valle del Calore che prende il nome proprio dal fiume che fa il suo salto nella “vita” proprio all’ingresso dell’antico borgo di Piaggine in contrada Ponte.

Sono circa 8 i Km che percorro di corsa fino a casa … passo davanti al cimitero, penso a quanti vi dormono la vita “perpetua”, risalgo sulla via Minerva, scendo verso via G. Ricci, arrivo a casa dove ad aspettarmi c’è già Gina impegnata in cucina dove la tavola è già apparecchiata per il pranzo: il luogo giusto dove concludere bene un’esperienza bellissima di vita spesa bene. 

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