Per quanto concerne il 2020 abbiamo ad oggi 36 donne, i dati cioè stanno ritornando a salire e le richieste di aiuto stanno ricominciando ad esserci.

Atena Lucana, i dati delle donne vittime di violenza

Katia Pafundi del cav Aretusa: “Abbiamo garantito il nostro sostegno alle donne con la tecnologia. I numeri delle vittime di violenza sono di nuovo in crescita”

Attualità
Cilento sabato 11 luglio 2020
di Antonella Citro
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Katia Profundi del cav Aretusa © Unico

Con Katia Pafundi, responsabile del Centro anti violenza Aretusa abbiamo parlato dell’attuale situazione legata agli accessi delle donne alla struttura di Atena Lucana e abbiamo saputo di più sulla condizione che hanno vissuto e che vivono coloro che anche e soprattutto al tempo del Covid sono vittime di violenza. “I numeri sono di nuovo in crescita nel senso che dopo la chiusura abbiamo attivato varie modalità per essere appunto contattate – dice Pafundi – siamo state chiuse fisicamente un unico mese ma abbiamo lavorato da casa con l’attivazione di varie linee telefoniche per l’emergenza e, poi dopo quel mese di chiusura, abbiamo ripreso le attività garantendo il nostro sostegno anche con mezzi alternativi come la messaggistica WhatsApp, Facebook, Messenger e con tutta una serie di iniziative per poterci chiedere aiuto. E questo ha permesso alle donne di riuscire a contattarci. Abbiamo la statistica dell’anno scorso da gennaio a giugno 2019 dove avevamo un totale di 41 nuove donne che si riferivano a 41 nuovi accessi alla richiesta di sostegno. Per quanto concerne il 2020 abbiamo ad oggi 36 donne, i dati cioè stanno ritornando a salire e le richieste di aiuto stanno ricominciando ad esserci. Se è vero che è stato per loro difficile contattarci i primi mesi per avere più supporto, più possibilità di confronto, in questi ultimi invece, grazie alla riapertura è stato possibile ricominciare a chiedere aiuto. Infatti, la maggior parte delle schede, le abbiamo aperte nel mese di giugno”. Sui margini di manovra e di aiuti che prima del lockdown erano chiaramente più sensibili rispetto al momento che tutti stiamo vivendo, Katia Pafundi, risponde: “Per fortuna la tecnologia c’è venuta in aiuto, noi donne abbiamo la grande risorsa di riuscire sempre a riadattarci, a trovare nuove strategie per essere di sostegno a tutte le donne che hanno bisogno. Ovviamente con tutti i limiti del caso abbiamo già ricominciato a fare i colloqui in presenza, ovviamente sempre su prenotazione, garantendo la sanificazione e la disposizione degli spazi adeguati e rispettando tutta una serie di protocolli di sicurezza nuovi, rispettosi delle norme anti Covid che ci consentono di lavorare e di aiutare tutte le donne in difficoltà soprattutto quando necessitano di un incontro visivo e di persona proprio per riuscire a fare quella valutazione del rischio della recidiva della violenza che ci consente poi di procedere nel lavoro di sostegno e di accoglienza”. Sulla importanza sul territorio del Vallo di Diano e non solo di un centro anti violenza e sulla importanza di sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica fino a denunciare atti di violenza che si verificano, la responsabile di Aretusa, afferma: “È sempre più rilevante riuscire a sapere che ad oggi c’è un centro specializzato che permette un confronto e non necessariamente per forza decidere o no qual è la strada subito da intraprendere, ma avere un confronto con persone specializzate è una cosa che consente una scelta consapevole di tutte quelle che possono essere le alternative possibili. Sicuramente denunciare è una delle scelte più importanti che però ricordiamo essere una delle più difficili, quindi, nel momento in cui la donna decide di fare questo passo, è importante che sappia chi ha dietro la possibilità di un sostegno costante e continuo perché ci sono operatori specializzati in questo. Ci sono anche avvocate specializzate che possono seguire loro anche in urgenza perché poi la parte più complicata, più difficile e più emotivamente dura è quella di affrontare la vicenda dal lato giudiziario. Dire solo a una donna vai a denunciare significa poi che non si conosce bene qual è l’argomento specifico e quindi significa dare una responsabilità associata quando poi responsabilità non ne ha perché ha subito un reato più grande”.

Antonella Citro

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