"Le mafie trovano terreno fertile nei quartieri con maggiore tasso di evasione scolastica."

Intervista a Vincenzo Rubano

“Per combattere la criminalità organizzata bisogna ripartire dalla scuola, dall’istruzione, dai nostri ragazzi. Le mafie hanno più paura della cultura che delle forze dell’ordine”

Attualità
Cilento domenica 02 agosto 2020
di Lucrezia Romussi
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Vincenzo Rubano © Unico

Vincenzo Rubano, giornalista italiano di fama internazionale, che ha partecipato a missioni militari in Kosovo, Libano e Afghanistan, effettuando numerosi reportage, e ad oggi è attivamente impegnato alla lotta alla criminalità organizzata con l’inviato di Striscia La Notizia, Vittorio Brumotti, nonché consigliere della fondazione di recupero minorile A Voce d'è Creature di Napoli che ha sede in un bene confiscato alla camorra e fondatore e presidente del Premio Internazionale Nassiriya per la Pace, ha concesso parte del prezioso tempo per rispondere a qualche curiosità.

Come hai iniziato la tua carriera?

A 14 anni, dopo essermi occupato della realizzazione del sito internet del Comune di Valle dell’Angelo. Ricordo che sulle pagine del quotidiano La Città fu pubblicato un articolo con questo titolo “Bambino realizza il sito dell’ente”. Me la presi tanto. Chiamai in redazione e chiesi la rettifica. E in quell’occasione uno dei redattori, meravigliato dalla mia fermezza, mi chiese di iniziare a collaborare. Ho iniziato così.

In qualità di giornalista hai partecipato a missioni militari in Kosovo, Libano e Afghanistan, effettuando numerosi reportage, queste che esperienze sono state?

Sono esperienze che ti cambiano la vita. Che ti fanno capire quanto siamo fortunati a vivere in una nazione meravigliosa come l’Italia. Dove possiamo lavorare, studiare, passeggiare, andare in vacanza e dire quello che pensiamo senza il rischio di essere colpiti da una bomba. A volte abbiamo bisogno di avere paura, di misurarci, per capire quanto teniamo a noi stessi, agli affetti che ci circondano, alla nostra vita. Non dimenticherò mai il volto dei soldati italiani, tutti giovanissimi, che con grande coraggio soccorrevano alcuni feriti gravissimi dopo lo scoppio di un ordigno fatto esplodere dai talebani a poche decine di metri da noi. Mi sono sentito fiero di essere italiano.

Ci parli del Premio Internazionale Nassiriya per la Pace?

Nei vari teatri operativi ho incontrato tante persone speciali. Uomini e donne in divisa che rischiano la vita ogni giorno per aiutare altre persone. In Afghanistan, in Libano, in Kosovo ma anche nel nord Africa, nel Canale di Sicilia. Eroi che salvano vite in silenzio, lontano dalle telecamere. Esempi di vita che vanno valorizzati e fatti conoscere agli studenti. In particolar modo ai commentatori seriali sui social, a chi ha perso il contatto con il mondo reale. E per questo, un po’ di anni fa, dopo aver raccontato a degli amici la storia di alcuni soldati incontrati sul campo di battaglia, ci siamo chiesti… perché non facciamo conoscere queste storie ai ragazzi attraverso un premio? Così è nato il Premio Internazionale Nassiriya per la Pace.

Hai subito violente minacce da ambienti criminali, ora sei sotto vigilanza dalle forze dell'ordine, hai paura di nuove ritorsioni?

La paura fa parte del mio lavoro, è mia amica e qualche volta mi ha salvato la vita. Ho paura il giusto. Dopo le missioni all’estero ho iniziato a lavorare con Vittorio Brumotti, per Striscia La Notizia. Mia madre inizialmente era molto contenta. Diceva che finalmente non avrei più rischiato la vita. Ed invece, per ironia della sorte, ho rischiato molto di più in Italia dando la caccia agli spacciatori. Nel quartiere Zen di Palermo, a Rione Traiano a Napoli, nel Parco Verde di Caivano ma anche a Roma, a Milano, nel quartiere Rancitelli a Pescara e in Calabria dove abbiamo scomodato famiglie importanti della ndrangheta. Le minacce e le aggressioni subite insieme a Brumotti ormai non si contano. Devo però ringraziare il prefetto di Salerno per avermi cucito addosso un dispositivo di sicurezza che mi permette di continuare a svolgere in mio lavoro regolarmente, senza alcuna preclusione.

Cosa pensi sia necessario fare, da comuni cittadini, per combattere definitivamente la criminalità organizzata?

Bisogna ripartire dalla scuola, dall’istruzione, dai nostri ragazzi. Le mafie trovano terreno fertile nei quartieri con maggiore tasso di evasione scolastica. Le mafie hanno più paura della cultura che delle forze dell’ordine. Nei quartieri difficili bisogna tenere le scuole aperte dalla mattina alla sera. E poi dobbiamo chiedere alla politica un impegno maggiore. In politica contano le idee, le competenze, non i like su Facebook.

Quali saranno secondo te le conseguenze che questa drammatica pandemia avrà nel tuo settore?

Per fortuna i giornalisti hanno continuato a lavorare anche nei momenti più difficili. L’hanno fatto con coraggio, professionalità, aggiornando in tempo reale i cittadini su quello che accadeva. La gente deve essere grata ai giornalisti. Basta attacchi strumentali. I giornalisti sono i guardiani della democrazia. Per il resto penso che le pandemie provochino crisi profonde e drammatiche in tutti i campi, ma sono anche foriere di grandi stagioni di cambiamento e di speranza.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho sempre pensato che il futuro si costruisce, non si rincorre. Per questo sto investendo molto sulla cultura, sulla competenza, sull’aggiornamento continuo. Per creare un palazzo bisogna costruire fondamenta solide. Naturalmente è importante non perdere mai la passione, l’entusiasmo.

Ci racconti l'esperienza più bella che hai vissuto nel tuo lavoro?

Durante uno spostamento in Afghanistan venimmo accerchiati da un gruppo di facinorosi. Restammo chiusi nel blindato sotto una pesante sassaiola. Il mio capo scorta baciò il rosario che aveva avvolto sulla mitragliatrice. Pensai al peggio. Era una imboscata. Avevo il cuore che mi batteva a mille mentre il caposcorta chiamava i rinforzi. Passarono sette lunghissimi minuti. Poi l’attacco improvvisamente si placò. Guardai dal finestrino e vidi un elicottero americano su di noi e una decina di blindati italiani. Tirai un respiro di sollievo. Finalmente erano arrivati i nostri. Una sensazione bellissima.

Cosa rappresenta per te il Cilento?

Il Cilento è casa mia, è la terra dove ho piantato le radici. È il luogo in cui mi rifugio nei momenti difficili, una terra di infinita bellezza. Un’area potenzialmente molto forte che però deve imparare ad essere unita, a ragionare da unico territorio, dalla Baia degli Infreschi alla vetta del Monte Cervati. Credo molto nel Cilento e nel futuro di questa terra. Credo un po’ meno a chi si piange addosso e non ha l’entusiasmo giusto per esaltare e valorizzare questo territorio.

Grazie a personalità come Vincenzo Rubano, il mondo può diventare un posto migliore, in cui le idee, gli ideali e la bellezza nel senso più ampio del termine siano i veri protagonisti, affinché la libertà di ciascuno venga tutelata e protetta contro ogni forma di criminalità.

Intervista a cura di Lucrezia Romussi

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