A Ponte Barizzo il Sele, gonfio d’acque e di memorie, scivola pacioso sotto i ponti tra l’indifferenza di quanti sfrecciano, veloci, sul nastro d'asfalto

Da Ponte Barizzo a Gromola: la risorsa Sele e non solo

“Scendeva il Missisipi dall’eterno/silenzio degli Alburni verso il mare/dei templi...”

Cultura
Cilento martedì 07 maggio 2019
di Giuseppe Liuccio
Immagine non disponibile
Ponte del diavolo © n.c.

Come ho anticipato qualche giorno fa, anche oggi, sottopongo alla riflessione dei lettori un mio ulteriore contributo al dibattito della campagna elettorale di Capaccio Paestum sulle risorse inespresse o sottovalutate delle operose contrade di Ponte Barizzo e Gromola.

E a tal proposito, recupero un articolo sul tema, di cui mi sono già occupato qualche anno va, o giù di lì. E ne estrapolo, qui di seguito alcuni passi più significativi.

“Scendeva il Missisipi dall’eterno/silenzio degli Alburni verso il mare/dei templi...”

I versi di Alfonso Gatto mi risuonano negli orecchi e mi perforano il cuore di malinconica tenerezza per l’Amico Poeta. A Ponte Barizzo il Sele, gonfio d’acque e di memorie, scivola pacioso sotto i ponti tra l’indifferenza di quanti sfrecciano, veloci, sul nastro d'asfalto. Il vecchio (“Ponte del Diavolo”) ostenta vergogna da abbandono. Potrebbe, invece, essere una straordinaria passeggiata a fruizione di panorama arioso tra montagna e mare, nel segno dell'ecologia con nella mente e nel cuore l'eco della storia e della letteratura da Virgilio a Gatto, appunto. Qui fu l'attracco della scafa con Costabile Carducci a far da Caronte/traghettatore prima di essere contagiato e travolto dai furori rivoluzionari. Qui potrebbe essere l'inizio di un parco fluviale a riscoperta, recupero ed esaltazione di flora e fauna ripariale fino alla foce, sempre che si abbia la forza di smantellare l'impianto di brecciame per un riuso intelligente e, forse, più redditizio, in chiave economica/occupazionale, dello spazio/ attracco di traghetti non inquinanti ad esplorazione di fiume navigabile fino al mare.

Reclamerebbe una sosta il “Palazzo Baronale dei Ricciardi”, che fu un gioiello di architettura rurale con cappella gentilizia aperta al culto fino a pochi decenni fa, a servizio dei fedeli della contrada. Oggi è una fitta al cuore lo stato di semi-abbandono o quasi! Potrebbe essere un “museo con centro studi sul baronaggio”, che conobbe episodi di tracotanza e soprusi, ma scrisse anche pagine di illuminata e tollerante gestione del potere. Gli ultimi pescatori di anguille, ma non solo, potrebbero rievocare storia e, soprattutto, storie dei fiumaroli lungo la traversata nella cornice carica di fascino e di mistero delle acque sacre al territorio.

Si imporrebbe una tappa d'obbligo a Gromola, là dove la “Masseria Precuriali” esplora il cuore antico della storia con la multimedialità del “Museo Narrante”. Qui, a prestar fede al mito, approdò Giasone con il carico prezioso del “vello d’oro”. Sacrificò alla dea e le innalzò un tempio, forse anche per scaricarsi la coscienza dall'incubo della persecuzione di Medea. Le colonne mozzate e i ricami geometrici dei basamenti nella pianura a fienagione e carciofeti sono la testimonianza dell’Heraion, che fu il più conosciuto e frequentato santuario dell'antichità. Vi giungevano in pellegrinaggio le flautiste su barche inghirlandate a risalita di corrente del fiume per chiedere grazie di fecondità ad Hera Argiva. Si potrebbe reiterare, spettacolarizzandolo, l’evento a recupero di storia religiosa antica per turisti a caccia di emozioni e cultura. C’è spazio a sufficienza per teatralizzare all'aperto brani da “Gli Argonauti” di Apollonio Rodio e/o della “Medea” di Euripide e Seneca. Mi meraviglio che non ci abbia ancora pensato il direttore del museo e per Parco Archeologico, che pure è un uomo di grande cultura, di straordinaria sensibilità e brillante creatività. Forse ama lavorare in splendida solitudine senza coinvolgere le intelligenze e le professionalità del territorio che pure ci sono La cornice a cui faccio riferimento sarebbe La carica di magia per gli appassionati del genere antico, di cui siamo eredi, non sempre consapevoli e degni. Peccato, però, che sia inagibile, o quasi, per danni da vari allagamenti nel corso di alcuni anni, soprattutto gli ultimi. E così se ne va alla malora un pezzo di arte, testimonianza della nostra storia prestigiosa!!!

Nel Borgo di Gromola è fiorente la Scuola Alberghiera, palestra efficiente per giovani che si preparano a competere con professionalità sui mercati dell'enogastronomia, che è settore strategico per una offerta del turismo di qualità. Merito, fuori dubbio, di dirigenti scolastici e docenti che vi hanno speso. e alcuni vi spendono ancora, entusiasmo ed intelligenza. E si potrebbe riprendere il progetto di un premio/competizione in grado di coinvolgere, tanto per cominciare, le scuole di settore della Campania. Sarebbe una bella “Primavera di Cerere”, nel segno della mediterraneità, un progetto che proposi all’amico Mauro Gnazzo alcuni anni fa, quando era assessore alla cultura e che, secondo me, resta ancora attuale.

Basterebbero tre o quattro iniziative di grosso spessore culturale e di sicuro impatto mediatico (Recupero del “Ponte del Diavolo”, riuso ed utilizzo del Palazzo Baronale dei Ricciardi, parco fluviale e navigabilità attrezzata del Sele, spettacoli classici all’Heraion, protagonismo regionale della Scuola Alberghiera con l'esaltazione di saperi e sapori della mediterraneità) per dare un ruolo alla contrada Ponte Barizzo-Gromola ed immettere nel circuito della fruizione turistica culturale, ecologica ed enogastronomica le enormi risorse inutilizzate. Profitto dell’occasione per ricordare, poi, che di recente, la contrada si è arricchita di un efficiente Laboratorio di aromatologia, che le creative Sorelle Marino Martina ed Emilia con il supporto intelligente di Mario Trevisan, che ama la cultura e la bellezza ed è uomo di grande sensiblità (non a caso scrive poesie), e che hanno messo su con convinta determinazione e dopo varie peregrinazioni nella pianura hanno trovato dimora stabile nei locali della vecchia stazione ferroviaria di Albanella, con la legittima e giustificata ambizione di crescere e recitare un ruolo a livello nazionale con una Linea Paestum nel settore della profumeria e della moda. Auguro loro ogni successo possibile. Ce ne sono tutte le condizioni. E basta far visita al Laboratorio per rendersene conto e convincersene. Una cosa è certa: la contrada Barizzo cresce e recita un ruolo straordinariamente positivo per l’intero territorio e lo reciterebbe ancora di più se, come ho sottolineato in un mio precedente articolo, il territorio vasto e parcellizzato ipotizzasse e realizzasse iniziative di raccordo per trasformare le tante Isole delle contrade in un Arcipelago con un progetto unitario di sviluppo. Ma questo è il ruolo e la funzione di una città che manca. Purtroppo. Ma per realizzarlo al meglio ci vuole la Politica, che conosce ed ama il territorio Italo Voza e Enzo Sica sono affidabili e danno garanzia di operatività perché nel territorio ci sono nati e ne hanno respirato storia, cultura, e ne hanno respirato da sempre orgoglio di identità e di appartenenza Non hanno certo la mania del potere e la voglia di colonizzare un territorio che, probabilmente, non amano nel profondo. Il tema identitario di un territorio mi intriga molto e penso di scriverne a breve, sulla scia di un grande Maestro, Cesare Pavese, di cui sto rileggendo in questi giorni lo straordinario affresco culturale sociale e, paesaggistico delle Langhe, che somigliano molto alle contrade/paesi del nostro Cilento, a cominciare da Capaccio Paestum e della sua vasta Kora.

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