Il Santuario di Felitto è iscritto nel libro dei Santuari d'Italia.
Madonna di Costantinopoli (Felitto)
In occasione del bicentenario del ritrovamento del quadro e delle rovine della cappellina in seguito al sogno, a Felitto fu costituito un comitato per realizzare un qualcosa che incarnasse un segno tangibile dei fedeli.
Questa è una storia che affonda le sue radici di inchiostro nella fede di un borgo e degrada lentamente verso il mondo onirico, che ha il sapore di della devozione e del sogno: una storia non conosciuta da tutto il popolo felittese, "storia diversa per gente normale", direbbe De André nella sua canzone "Una storia sbagliata", ma in questo caso nulla c'è di sbagliato, poiché le trame del racconto si annodano sapientemente per fornici un ritratto in seppia che assume toni sempre più realistici e cangianti.
Chiudiamo un attimo gli occhi e risaliamo ai primordi di questa storia: siamo nel lontano 1591, e lo sfondo è quello del Santuario della Madonna di Costantinopoli di Felitto, un Santuario ancora da erigere, tratteggiare e disegnare sulla carta della memoria, ancora ben lontano da quello che oggi ci è familiare.
Nel 1591 la nobile
famiglia Allegri getta il primo mattoncino della storia del
Santuario, facendo costruire nella propria casa, com'era consuetudine
per tutte le famiglie gentilizie, una piccola cappella privata
recante un affresco della Madonna di Costantinopoli, coronata di
stelle come tutti noi la conosciamo e siamo abituati a vederla
troneggiare sull'altare e in processione.
Nel 1656 il casale
dove viveva la famiglia Allegri, molto abitato, venne investito da
un'alluvione ed abbandonato in seguito ad una pestilenza, e le tracce
della cappella sembrarono perdersi del nulla, confondendosi tra i
cespugli e la vegetazione selvaggia del luogo.
Ma è proprio dai
cespugli e dalle rovine che seguì la svolta, perché nel 1790 un
paralitico di Villa Littorio fece un sogno: sognò così forte da
indicare la via e il bandolo della matassa, perché proprio tra i
cespugli e le rovine del luogo indicato dal paralitico furono
riscoperte le rovine della cappellina e il quadro della Madonna di
Costantinopoli.
L'idea di costruire proprio in quel punto una
chiesa dedicata alla Regina di Costantinopoli guizzò e si sviluppò
in modo naturale, infatti fu completata nel 1815 ed ampliata e
rimaneggiata nel corso degli anni fino ad assumere la forma che noi
tutti conosciamo.
In occasione del bicentenario del ritrovamento
del quadro e delle rovine della cappellina in seguito al sogno, ossia
nel 1990, a Felitto fu costituito un comitato per realizzare un
qualcosa che incarnasse un segno tangibile dei fedeli della Valle del
Calore.
Un segno empirico e reale che resistesse alle intemperie
del tempo e agli agenti erosivi della memoria: fu così che germogliò
la decisione di costruire quell'immobile incompleto, che qualsiasi
felittese ha ben presente e che avrà visto durante le celebrazioni
settembrine. La storia di tale immobile è ben complessa, giacché
all'epoca fu formato un comitato che ottenne la concessione
gentilizia e raccolse i soldi dei fedeli e dei devoti, raggiungendo
anche una cospicua somma per realizzare tale opera; i problemi
sorsero nel momento in cui l'immobile risultò essere del comitato
per acquisita concessione gentilizia, e il suolo del vecchio
proprietario.
Donato Di Stasi, che ci ha narrato questa storia in
un articolo di qualche anno fa (pubblicato sempre su Unico e scritto
dalla sottoscritta), s'è fatto promotore di una nuova associazione e
ha risolto il problema tra quest'ultima e il nuovo proprietario. Come
è composta al giorno d'oggi tale associazione, e che fini si propone
di raggiungere? L'associazione è denominata "Casa del
Pellegrino", è formata da 9 persone, (5 di Felitto, una di
Castel San Lorenzo, 3 di Sassano) con regolare statuto ed atto
notarile. Il Comune di Felitto è stato inserito all'interno di essa
come socio onorario. L'associazione è aperta a tutti ed è senza
scopo di lucro, è stato chiesto ad un tecnico di formulare il
progetto di completamento dell'immobile e sono state ottenute tutte
le autorizzazioni del caso.
Ma perché fare questo? Di
Stasi, presidente dell'associazione, ci ha parlato di devozione ma
anche di opportunità, e perché, diciamocelo, quell'immobile così
com'è ora è davvero un pugno in un occhio, visivamente parlando,
poiché mal si amalgama al paesaggio e al tessuto circostante. E se
per un malaugurato caso fortuito quest'associazione un domani dovesse
sciogliersi o non esserci più? L'immobile costruito con i soldi dei
fedeli, per statuto approvato con atto notarile, passerà alla
comunità di Felitto come bene inalienabile e non potrà essere
ceduto o venduto a privati. Una volta completato tale immobile, come
verrà utilizzato? Innanzitutto partiamo con la divisione, perché
parte del pianoterra andrà al vecchio proprietario (già da accordo
del 1990), l'altra metà del pianoterra all'associazione, così come
il primo piano e i diritti della parte di sopra. La parte più
interessante sarà quella del primo piano, verranno costruiti dei
regolari bagni e un salone per i convegni, non solo religiosi, ma
anche storici, culturali ed ambientali. Si partirà da una matrice
religiosa che andrà ad espandersi a macchia d'olio toccando tutti
gli snodi della cultura: la Casa del Pellegrino si chiama così
proprio in onore dei devoti della Valle del Calore e della Valle di
Diano, che se vogliono fermarsi a Felitto al giorno d'oggi, sono
costretti a dormire in macchina o a prenotare un albergo senza avere
un punto aggregante che li riunisca tutti. Parte del primo piano
dell'immobile verrà infatti adibito a dormitorio, in modo da
permettere ai pellegrini di sostare a Felitto e godere di un appoggio
durante tutto l'anno e non solo a fine estate; vi è anche intenzione
di riprendere i gemellaggi con le comunità devote al culto della
Madonna, vi saranno, oltre al dormitorio e sempre al primo piano, una
direzione e una segreteria, il salone da adibire al convegno e uno
dove permettere ai fedeli di consumare i propri pasti al sacco. Non
si è pensato, per ora, di realizzare una cucina da ristorante, ma se
ce ne sarà necessità si penserà ad un catering in collaborazione
con i ristoranti locali. Il popolo di Felitto è pronto per un'opera
del genere? Ai posteri l'ardua sentenza.
Del resto, il Santuario
di Felitto è iscritto nel libro dei Santuari d'Italia, quindi perché
non valorizzarlo e sfruttare al massimo le sue potenzialità? Perché
non provare a creare attorno ad esso un polo di discussione, di
dibattito culturale giovanile e non? Perché la cultura è fluida,
non ha età e non ha segnali discriminanti, non è ad appannaggio di
pochi e si può provare ad abbattere la coltre di ghiaccio che
riveste un po' tutto l'orizzonte.
Monica Acito