Tutti vogliono il “bene del paese ”, credono che i candidati devono essere “seri e incensurati”, che bisogna pensare solo “all’interesse generale”, che è necessario affrontare i problemi dei giovani che non trovano “occupazione"

Il popolo, ancora una volta, si metterà in fila per votare il meno peggio

E' arrivata l’ora di sistemare i “conti” del comune?

Politica
Cilento lunedì 28 gennaio 2019
di Velina
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Giunta di Capaccio © Unico

C’è molta confusione sotto il debole sole di questo inverno che appare molto più freddo del solito. Sarà così perché l’improvvisa caduta dell’amministrazione di Franco Palumbo ha lasciato la città dei templi senza il punto di riferimento per eccellenza per i cittadini, il sindaco.

La città acefala non dà garanzie apparenti anche se la macchina sotto la guida del commissario prefettizio continua a girare per garantire i servizi di ordinaria gestione. Il “faro” politico che ha il compito di illuminare l’orizzonte possibile si è spento. Il punto di riferimento per chi intraprende è oscurato.

Insomma, si naviga a vista e nel tentativo di non incappare nelle secche.

Con il passare dei giorni aumentano le barche che vengono messe in acqua nel tentativo di far salire a bordo chi ha intenzione di cimentarsi ai remi per farle avanzare spedite verso l’approdo della raccolta delle firme per la presentazione delle liste che appoggeranno i candidati già autonominatisi timonieri.

Tra i tanti capitani “coraggiosi” che si possono già contare troviamo nomi sperimentati, facce più o meno “nuove” e propositi ancora coperti.

Mai come in questo caso si cercano marinai di lungo corso in grado di garantire numeri verificabili in base alle passate esperienze. Si tratta di andare a pescare nella lunga lista di candidati\e che nel tempo hanno sempre saputo raccogliere consenso più tra i “famigli” che quello di opinione.

Solo con un numero adeguato di portatori di preferenze si potrà attrarre gli indecisi che andranno a formare il corpaccione delle liste che i “maghi dei numeri” indicano nel numero di 4 altrimenti le possibilità di andare al ballottaggio si assottigliano molto: lo schema di gioco è “64 – 4 – 1”.

Sono i peones che oggi si fanno vedere da tutti ma si tengono le mani libere per affidare le proprie fortune al comandante in capo più bravo a manovrare la barca per condurre il maggior numero di marinai in porto ed evitare di dover remare solo per portare in “salvo” (in consiglio) solo il timoniere.

Alla luce di quanto detto, appare del tutto inutile aggiornare l’elenco dei candidati a salvare Capaccio Paestum perché siamo ancora alla campagna acquisti per formare le squadre e l’esperienza insegna che con i tempi lunghi che si hanno davanti le ipotesi in campo sono destinate perfino ad aumentare con l’emergere di coloro che stanno lavorando sotto traccia nel tentativo di uscire allo scoperto solo quando saranno certi almeno di avere una base su cui attrarre i naufraghi dei natanti che fatalmente naufragheranno.

C’è da riconoscere, però, che c’è una corale presa di posizione da parte dei protagonisti già scesi in campo nel voler “svoltare” verso il “nuovo” dando attenzione ai “problemi” che attanagliano da sempre questa città che, nonostante tutto, avanza per forza di inerzia verso il futuro.

Tutti vogliono il “bene del paese”, credono che i candidati devono essere “seri e incensurati”, che bisogna pensare solo “all’interesse generale”, che è necessario affrontare i problemi dei giovani che non trovano “occupazione”,che è arrivata l’ora di sistemare i “conti” del comune … L’elenco potrebbe continuare!

In questa fase si aprono sedi, si stampano nuovi simboli, si ripescano quelli di un tempo andato, si consultano consulenti, si scende sui marciapiedi, si sale sotto i portici, ci siede davanti ai bar di Paestum, si passeggia sul Tempone a Capaccio capoluogo, i bar delle contrade sono ricchi di capannelli, i social si affollano di invettive verso gli avversari e di sostegni verso chi si ritiene capace si fare meglio degli altri.

È il fermento che precede ogni consultazione elettorale che si combatte alle nostre latitudini. È anche una sorta di festa della democrazia che riesce a mobilitare percentuali alte dell’elettorato attivo e passivo.

In fondo, scende in campo il popolo che sceglie tra tutti i candidati quelli che, più di altri, riescono a primeggiare. La vera festa è quella della gente che caparbiamente si rimette in fila per riprovare, ancora una volta, a votare per il meno peggio!

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