Scuola, presentati i dati delle rilevazioni INVALSI

Scuola, presentati i dati delle rilevazioni INVALSI

Al Sud il 70% non raggiunge il livello base in matematica e il 60% in Italiano. Le differenze Nord-Sud vengono da molto lontano, ben prima della pandemia

Cilento - giovedì 07 luglio 2022
Prove invalsi, i risultati
Prove invalsi, i risultati ©

Scuola, presentati i dati delle rilevazioni INVALSI

Al Sud il 70% non raggiunge il livello base in matematica e il 60% in Italiano. Le differenze Nord-Sud, a dire di Ricci, Presidente INVALSI, vengono da molto lontano, ben prima della pandemia. Attraverso i dati delle rilevazioni internazionali, è possibile verificare che alcune delle maggiori criticità riscontrate negli esiti di quest’anno si ritrovano già nei risultati di dieci,  vent’anni fa. La presenza ci ha permesso di frenare la caduta e anche di riprenderci, ha dichiarato Patrizio Bianchi, il Ministro dell’Istruzione. Abbiamo cicatrici addosso, è vero, sulla matematica per esempio. La pandemia ha aumentato le differenze, ma in alcune regioni del sud c’è stata una capacità di reazione, per esempio sulla dispersione. Ci vuole tempo, una pandemia così totale, non conclusa e così permeante ha lasciato tracce ma il sistema esprime una volontà di reazione. L’obiettivo di ritornare in presenza e sicurezza va perseguito come abbiamo fatto quest’anno. Dovevamo fare una riforma entro giugno, ne abbiamo fatte tre…

 

A Roma, presso l’Università degli Studi “La Sapienza” ieri, 6 luglio, sono stati presentati i risultati delle prove INVALSI. Presente il Ministro dell’ Istruzione, Patrizio Bianchi. "I dati delle rilevazioni INVALSI, ha dichiarato il Ministro dell’Istruzione, dimostrano che c'è stata una fase di ripresa dopo gli anni più duri della pandemia e che la scelta di riprendere la scuola in presenza è stata giusta, ha permesso di contenere il calo delle competenze delle studentesse e degli studenti e in molte situazioni proprio di invertire la rotta. Dobbiamo ricordare, però, un aspetto: sulla scuola si riverberano questioni che riguardano l'intero Paese, i divari tra Nord e Sud, tra centro e periferie. Dalla scuola possiamo e dobbiamo partire per ricucire le fratture e rimuovere le distanze, ma occorre rispondere a problematiche così articolate con una gamma strutturata di strumenti e interventi che coinvolgono diversi settori e richiedono responsabilità condivise. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è una risorsa, un'occasione per costruire una nuova scuola, che rispetti le autonomie, ma che sia eguale e di pari opportunità in tutti i territori italiani".

Si vuole assicurare un’istruzione di qualità, equa ed inclusiva, e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti. Le rilevazioni nazionali  offrono strumenti al sistema paese per costruire soluzioni e raggiungere i target stabiliti per il 2030. Le prove rappresentano un bene pubblico e sono costruite sulla base di un quadro di riferimento teorico, sono prove standardizzate, sono costruite nel rispetto dei criteri metodologici e psicometrici riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale e raggiungono tutti gli studenti italiani. Le Rilevazioni Nazionali , assicura INVALSI, sono INCLUSIVE, nel senso più ampio del termine: tengono conto delle differenze linguistiche e delle diverse esigenze degli studenti. L’Agenda 2030 ha come quarto obiettivo il bisogno di garantire una istruzione di qualità, inclusiva ed equa e promuove opportunità di apprendimento continuo per tutti.  “La comunità internazionale ricorda l’importanza di un’istruzione e di una formazione di qualità per migliorare le condizioni di vita delle persone, delle comunità e delle società. Forte degli insegnamenti tratti dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM), l’obiettivo 4 non si limita all’istruzione primaria dei bambini, ma si concentra anche sul punto di contatto tra istruzione di base e formazione professionale. Pone inoltre l’accento sull’equità e sulla qualità dell’istruzione in un’ottica di apprendimento che si estenda lungo tutto l’arco della vita, due dimensioni trascurate dagli OSM. L’obiettivo 4 mira a garantire che tutti i bambini, i giovani e gli adulti, in particolar modo i più emarginati e vulnerabili, possano accedere a un’istruzione e a una formazione adeguate alle loro esigenze e al contesto in cui vivono. L’istruzione contribuisce infatti a creare un mondo più sicuro, sostenibile e interdipendente... “L’obiettivo 4 vuole garantire entro il 2030 ad ogni ragazza e ragazzo libertà, equità e qualità nel completamento dell'educazione primaria e secondaria che porti a risultati di apprendimento adeguati e concreti; garantire entro il 2030 che ogni ragazza e ragazzo abbiano uno sviluppo infantile di qualità, ed un accesso a cure ed istruzione pre-scolastiche così da essere pronti alla scuola primaria; garantire entro il 2030 ad ogni donna e uomo un accesso equo ad un’istruzione tecnica, professionale e terziaria -anche universitaria- che sia economicamente vantaggiosa e di qualità; aumentare considerevolmente entro il 2030 il numero di giovani e adulti con competenze specifiche -anche tecniche e professionali- per l’occupazione, posti di lavoro dignitosi e per l’imprenditoria; eliminare entro il 2030 le disparità di genere nell'istruzione e garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale delle categorie protette, tra cui le persone con disabilità, le popolazioni indigene ed i bambini in situazioni di vulnerabilità; garantire entro il 2030 che tutti i giovani e gran parte degli adulti, sia uomini che donne, abbiano un livello di alfabetizzazione ed una capacità di calcolo; garantire entro il 2030 che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile, anche tramite un educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile; costruire e potenziare le strutture dell'istruzione che siano sensibili ai bisogni dell'infanzia, alle disabilità e alla parità di genere e predisporre ambienti dedicati all'apprendimento che siano sicuri, non violenti e inclusivi per tutti; espandere considerevolmente entro il 2020 a livello globale il numero di borse di studio disponibili per i paesi in via di sviluppo, specialmente nei paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari e negli stati africani, per garantire l'accesso all'istruzione superiore  - compresa la formazione professionale, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i programmi tecnici, ingegneristici e scientifici -  sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo; aumentare considerevolmente entro il 2030 la presenza di insegnanti qualificati, anche grazie alla cooperazione internazionale, per la loro attività di formazione negli stati in via di sviluppo, specialmente nei paesi meno sviluppati e i piccoli stati insulari in via di sviluppo. L’istruzione di qualità è, dunque, elemento basilare a garanzia del miglioramento dell’esistenza delle persone per raggiungere lo sviluppo sostenibile. Individualmente come posso essere utile per assicurare una istruzione di qualità? Tutti dobbiamo porci questa domanda e fornire le opportune risposte. Occorre sostenere i giovani, fargli da tutor, aiutarli nei compiti in orari extrascolastici. Informarli sugli obiettivi per lo sviluppo sostenibile, prendere contatti con la scuola locale e chiedere se e di quali strumenti necessita, offrire il proprio materiale librario. Ecco sono alcuni piccoli gesti concreti per fare una scuola migliore. La scuola mondiale, l’istruzione nei diversi Paesi è la chiave di volta per la soluzione del problema fame e povertà nel giro di qualche generazione. Lo scrigno contenente il successo di un sistema educativo detiene la qualità dell’insegnamento. Occorre superare l’inutile nozionismo, metodi polverosi e coattivi. Secondo i dettati UNICEF una istruzione di buona qualità non può fare a meno della esperienza personale degli alunni, dell'ambiente scolastico, dei contenuti dell'insegnamento, dei processi cognitivi e formativi, dei risultati dell'apprendimento. Con la conoscenza la vita migliora. L’uomo cresce con l’istruzione, il sapere consente il suo progresso. Di pari passo si afferma, in termini valoriali, uno sviluppo più sostenibile per la comunità globale. “Nel corso degli ultimi dieci anni, riferisce  Rizzoli education,  sono stati raggiunti risultati notevoli nell’istruzione di donne e ragazze dei Paesi più poveri. Più in generale il tasso di alfabetizzazione globale è cresciuto in questi territori, portando l’iscrizione nelle scuole primarie a un tasso del 91%, sebbene 57 milioni di bambini ne siano ancora esclusi. Nonostante i passi in avanti, le disparità di genere e geografiche tra Paesi a nord e a sud del mondo sono ancora grandi: più della metà dei bambini non iscritti a scuola vive infatti nell’Africa subsahariana, mentre in tutto il mondo ben 103 milioni di giovani non possiedono capacità di base in lettura e scrittura; di questi, oltre il 60% sono donne”. La scuola inclusiva, interculturale e delle competenze è un bene prezioso. Essa infonde oltre le nozioni e le conoscenze, competenze specifiche per imparare a vivere nella società del nostro tempo e affrontarne la complessità, sollecitando l’inclusione e l’apertura verso le diversità culturali e impedendo ogni forma di discriminazione e bullismo. Il Rapporto che viene presentato quest’anno, afferma il presidente INVALSI, Roberto Ricci, vuole costituire un’ulteriore tappa verso il superamento della pandemia e dei suoi effetti sulla scuola e sull’intera società. Dopo un’interruzione di due anni, anche gli allievi della secondaria di secondo grado hanno nuovamente sostenuto le prove INVALSI di Italiano e Matematica. Tuttavia, per quanto siano stati compiuti degli enormi passi nella direzione del ritorno alla scuola in presenza, le conseguenze della pandemia si sono fatte sentire anche nell’anno scolastico appena concluso. Nonostante ciò, la partecipazione delle scuole e degli studenti è stata molto elevata, superando le adesioni degli anni passati. Una partecipazione così alta merita il riconoscimento di tutta la società verso la scuola italiana che ha dimostrato di avere compreso e condiviso la finalità delle prove INVALSI: mettere a disposizione di tutto il sistema, da chi governa le politiche scolastiche a chi guida ogni singola scuola, dati affidabili per promuovere il miglioramento. Come era già emerso nelle rilevazioni del 2021, le ricadute della pandemia non sono state trascurabili sugli apprendimenti, ma – è di tutta rilevanza - il calo osservato l’anno scorso si arresta nel 2022 e non mancano alcuni segnali di ripresa, anche se non in ognuna delle discipline osservate e non in tutti i territori. I dati presentati permettono di acquisire una visione più approfondita sullo stato degli apprendimenti nella scuola del nostro Paese, dando anche riscontro e ragione dei considerevoli sforzi, spesso encomiabili, che la nostra scuola ha generosamente profuso per far fronte a lunghe chiusure. Sovente la DaD è stata identificata come la causa dei problemi che riscontriamo, ma i dati non ci dicono questo,anzi. La DaD ha consentito di affrontare una situazione del tutto inedita e in attesa,salvaguardando per lo meno gli aspetti fondamentali degli apprendimenti. Il ritorno in presenza deve permettere di recuperare ciò che è stato forzatamente tralasciato e in questo i dati sono molto importanti e possono fornire un grande aiuto. Il quadro degli apprendimenti delineato dalle prove INVALSI 2022 ci mostra un Paese a diverse velocità,con differenze considerevoli non solo nei risultati medi di apprendimento, ma anche rispetto alla possibilità per tutte le nostre ragazze e per tutti i nostri ragazzi di accedervi. Le diverse misure di equità del sistema che sono proposte permettono di individuare piste d’intervento che,almeno in parte, forse dovremmo dire in buona parte, sono nella piena disponibilità di ciascuna scuola, senza particolari interventi dall’esterno. Di per sé i dati non sono la soluzione dei problemi che rappresentano, ma possono essere strumenti fondamentali per capire come intervenire, come modificare le dinamiche che hanno generato difficoltà e ingiustizia. Attraverso una lettura garbata, finalizzata alla lucida ricerca di soluzioni, è possibile proseguire il dialogo con le scuole al fine di sostenere il processo di miglioramento, basandolo su solide evidenze empiriche e non su assunzioni non facilmente riscontrabili. Solo in questo modo si aiuta il Paese a garantire pienamente il diritto all’istruzione, presupposto di un’inclusione agita in grado di consentire a ciascuna e a ciascuno di sviluppare competenze solide, basate su apprendimenti seri, robusti e verificabili,anche su larga scala. I dati ci dicono che per realizzare tutto ciò ci vorrà molto tempo, ma proprio per questo non abbiamo un secondo da perdere. I risultati delle prove INVALSI 2022 ci suggeriscono alcuni punti dai quali partire”. I risultati delle prove INVALSI  quest’anno hanno diviso l’Italia. Il Nord registra esiti positivi, il Sud e le isole risultati negativi. Non abbiamo scoperto l’acqua calda. Competenze insufficienti al Sud. Gli esiti interessano tutti, compresi i fragili.  Fragilità e numero inferiore di eccellenze si rappresentano problema. Esiti negativi in ogni ordine e grado di scuole e in tutte le discipline. L’ambiente socio economico sfavorevole degli studenti condiziona e aumenta la gravità dell’esito. Intanto cala la dispersione. In tutte le regioni si riduce dal 9,8% del 2021 al 9,7% del 2022. Roberto Ricci, Presidente INVALSI, ha dunque presentato i risultati del 2022. In verità non ci piacciono in quanto si rilevano difficoltà fra gli studenti delle superiori al Sud: il 70% non raggiunge il livello base in matematica, il 60% in Italiano. “Le differenze Nord-Sud, a dire di Ricci, vengono da molto lontano, ben prima della pandemia. Attraverso i dati delle rilevazioni internazionali, è possibile verificare che alcune delle maggiori criticità riscontrate negli esiti di quest’anno si ritrovano già nei risultati di dieci  vent’anni fa”. Vanno ampliandosi dunque i divari territoriali. Alle superiori il 60% degli studenti di Campania, Calabria e Sicilia non raggiunge livelli base Italiano. Questi i dati: In Italiano il 66% degli studenti (- 4 punti percentuali rispetto al 2019) raggiunge almeno il livello base (dal livello 3 in su). In tutte le regioni l’esito medio raggiunge il livello base (L3). In Matematica il 54% degli studenti (- 8 punti percentuali rispetto al 2019) raggiunge almeno il livello base (dal livello 3 in su). In sei regioni del Mezzogiorno l’esito medio si ferma al livello 2, quindi al di sotto della soglia attesa dopo dieci anni di scuola (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna). “La presenza ci ha permesso di frenare la caduta e anche di riprenderci. Abbiamo cicatrici addosso, è vero, sulla matematica per esempio. La pandemia ha aumentato le differenze, ma in alcune regioni del sud c’è stata una capacità di reazione, per esempio sulla dispersione. Ci vuole tempo, una pandemia così totale, non conclusa e così permeante ha lasciato tracce ma il sistema esprime una volontà di reazione. L’obiettivo di ritornare in presenza e sicurezza va perseguito come abbiamo fatto quest’anno. Dovevamo fare una riforma entro giugno, ne abbiamo fatte tre. Spesso in Italia, si fanno polemiche autoflagellanti e poi all’estero si scopre che abbiamo una immagine migliore di quello che pensavamo. Abbiamo accolto 30 mila allievi ucraini nelle scuole italiane, abbiamo una attenzione a non lasciare indietro nessuno. Abbiamo fatto sperimentazioni fantastiche con l’accoglienza degli ucraini, ma i problemi linguistici sono enormi. Abbiamo scelto di lavorare sull’inclusione, l’Italia ha fatto da tempo questa scelta sull’accoglienza e ci viene riconosciuto a livello internazionale. In altri Paesi la scuola non è un bene pubblico, ma privato. In America si hanno 50 mila dollari di debito se ci si diploma e altri ancora se ci si laurea, la scuola in Italia è pubblica ma non è così dappertutto. La dad non è il diavolo, con grandi sacrifici studenti, famiglie e docenti hanno usato tutti gli strumenti per mantenere il contatto con la scuola, in altri Paesi non è stato così. Il Pnrr ci permette di affrontare alcune tematiche, non di risolverle tutte: non riusciamo a fare interventi per tutte le 44 mila scuole che abbiamo, ma abbiamo iniziato a mettere dei paletti. Dei 12 miliardi a disposizione già per bando ne abbiamo attribuiti 10. Una competenza da richiedere è quella digitale: l’obiettivo è formare 650 mila docenti entro il 2026. Non un euro viene disperso, nè dato a pioggia: si facciano meno polemiche, fanno male al Paese”.

 

Emilio La Greca Romano

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