“LAFF AK REEN”

Ali e radici, per partire e poi tornare

Paola Ersilia Cursaro L’Africa nel cuore
Cilento - lunedì 11 marzo 2019
Ali e radici, per partire e poi tornare
Ali e radici, per partire e poi tornare © Unico

Ammetto, non senza imbarazzo, che prima di avvicinarmi al Senegal ignoravo la disparità di trattamento che, ingiustamente, subiscono i cittadini africani vivendo reclusi, confinati, come sequestrati, all’interno dei propri Stati. Un interessante articolo, pubblicato qualche giorno fa sul settimanale “Internazionale”, spiegava proprio come i sistemi nazionali per il rilascio dei visti determinino, iniquamente, una restrizione della libertà di movimento e un privilegio per gli Stati più ricchi arrecando, così, un danno ai Paesi in via di sviluppo. Per quale ragione ammissibile - se io posso raggiungere il Senegal acquistando solo un biglietto aereo con un regolare passaporto in corso di validità - un senegalese, per venire legalmente in Italia, deve anche pagare un visto alla nostra ambasciata? Un visto che, sempre se verrà rilasciato, arriverà dopo mesi di attesa, snervanti adempimenti burocratici e in seguito, persino, ad indagini personali sulle condizioni economiche del viaggiatore. Così, mentre il passeggero italiano potrà organizzarsi liberamente per prenotare, risparmiando, il proprio volo anche con mesi di anticipo, le tempistiche per il rilascio del visto costringeranno il passeggero senegalese ad acquistare un biglietto, a costi più elevati, pochi giorni prima della partenza. L’insigne giurista Stefano Rodotà, nel suo inestimabile impegno profuso sulla tutela dei diritti umani, ha dedicato un approfondimento particolare alla salvaguardia imprescindibile della dignità dell’individuo (inteso, prima di tutto, come “Persona”), sul presupposto che “I diritti civili spettano all’uomo come tale, non al solo cittadino”. Si può riconoscere un condivisibile riscontro giuridico a tale approccio, ma si può anche giungere alla medesima conclusione partendo da mere considerazioni di buon senso domandandosi, ad esempio, come si possa umanamente giustificare che lo stesso identico diritto civile (la reciproca libertà di movimento tra due Stati) spetti in modo così diverso a due bambini, soltanto perché uno è nato in Europa e l’altro in Africa. La nostra conoscenza della realtà è circoscritta, troppo frequentemente, alle tragiche vicende degli sbarchi, a volte persino strumentalizzate (in base agli orientamenti ideologici e politici) da alcuni mezzi d’informazione che trascurano (volutamente?) di informarci che il sistema squilibrato della mobilità globale riguarda anche le persone socialmente ed economicamente agiate che, uscendo dall’Africa, potrebbero contribuire ad arricchire (culturalmente e finanziariamente) sia il proprio Stato di appartenenza, sia quelli di destinazione. Una citazione del poeta spagnolo Juan Ramón Jiménez che amo molto è: “Radici e ali. Ma che le ali mettano radici e le radici volino”. Trovo che questa immagine dovrebbe rappresentare qualunque relazione e, prima ancora, ogni predisposizione individuale nei confronti della vita. Quando sono stata a Malika nel mese di novembre il villaggio era costellato di farfalle che compaiono, come per magia ogni anno, ad annunciare l’arrivo delle piogge, posandosi sulle case, sugli alberi ed anche sulle persone. Il mio sogno è che, un giorno non troppo lontano, ogni Stato s’impegni adeguatamente, non solo a tutelare i diritti dei minori, affinché qualunque bambino possa crescere con ali e radici forti, ma anche a rimuovere gli ostacoli che, una volta cresciuto, gli impediscono di spiccare il volo. Tutti quei divieti che, come il visto, non gli consentono di andare e tornare - liberamente - come ogni cittadino del mondo dovrebbe poter vivere e viaggiare.

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