La scuola del merito e il prof tutor

La scuola del merito e il prof tutor

Il Ministro Valditara appronta un Piano scuola in considerazione di una riforma degli Istituti Tecnici e Professionali, di un piano di orientamento destinato alle famiglie e della creazione dell’insegnante tutor.

Cilento - mercoledì 23 novembre 2022
Il Ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara
Il Ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara ©

La scuola del merito e il prof tutor

La scuola italiana, sostiene Galimberti, non ha nemmeno l’alba dell’educazione, fa passare dei contenuti mentali da chi li conosce a chi li deve ricevere, senza nessuna partecipazione emotiva. Uno studente lascia la scuola perché obbliga a uno studio nozionistico e privo di logica e a sole lezioni frontali. La valutazione, se pure alla luce del merito, a dire di Crepet, non può racchiudersi in un numero, nel voto.  Il Ministro Valditara appronta un Piano scuola in considerazione di una riforma degli Istituti Tecnici e Professionali, di un piano di orientamento destinato alle famiglie e della creazione dell’insegnante tutor, una sorta di Virgilio che guida e aiuta a scampare il pericolo fino alla fine del  Purgatorio

 

“La scuola italiana, asserisce Umberto Galimberti, filosofo e accademico, non ha nemmeno l’alba dell’educazione, al massimo, se ce la fa, istruisce, cioè fa passare dei contenuti mentali da chi li conosce a chi li deve ricevere, senza nessuna partecipazione emotiva”. Poggia la sua considerazione anche sul fatto che nella scuola del nostro Paese, oggi, il tema, in quanto esercizio didattico, è messo da parte per l’importanza che si vuol dare alla comprensione del testo scritto. Sostanzialmente sono due cose diverse. Capire il testo scritto implica la decodificazione del significato terminologico, scrivere un tema obbliga, invece, ad esplorare dentro e sollecita a tirar fuori  tutta la soggettività dello studente. Comprensione del testo e tema si rappresentano, a mio modesto parere, bisogno di integrazione di differenti modelli operativi didattici. Comprensione del testo e tema quindi non dovrebbero rappresentarsi consegne didattiche differenziate, nel caso specifico addirittura esclusive, visto che il tema resta fuori gioco. Questa è soltanto una delle tante incongruenze della nostra scuola, un dettaglio in sostanza, se la vogliamo dire tutta. E parliamo di quella stessa scuola che dal governo Bianchi, con la nuova ventata governativa, è passata nelle mani di Valditara e sembra, restando su grosse linee operative, col medesimo proposito di merito. Dire però scuola di merito non vuol dire tagliare fuori i più sensibili. La didattica non potrà basarsi sulla competitività. Quantomeno il profitto, nel contesto scolastico, non dovrà essere considerato unico metro di misura dell’insegnamento. La valutazione, se pure alla luce del merito, a dire di Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, non può racchiudersi in un numero, nel voto. Il bene e l’approvazione non devono dipendere dalla fascia di collocazione esclusivamente quantitativa e non anche qualitativa dello studente. Il bene per gli alunni, il bene per i figli non si può rapportare al profitto con voti alti nelle discipline. Si provocherebbe, a suo dire, un danno psicologico derivante dalla costrizione a primeggiare e dalla fede esclusiva di considerare il rendimento scolastico, da parte dei genitori, in quanto unico ed esclusivo metodo di valutazione complessiva del proprio figlio. L’idea di Valditara, il nuovo Ministro dell’Istruzione e del Merito, si rappresenta di soccorso nell’attuale marasma scuola. Il suo piano scuola mentre prevede, in linea con il precendente Ministro Bianchi, una riforma degli Istituti Tecnici e Professionali e un piano di orientamento destinato alle famiglie, considera la presenza di un docente tutor col compito di seguire gli alunni in difficoltà. «L’istruzione tecnica e professionale, ritiene Valditara,  deve offrire profili che corrispondano sempre più alle propensioni dei ragazzi e alle richieste delle imprese. Qui la sinistra non ha mai avuto la lucidità nel prendere atto che non siamo tutti uguali. I bravi professori formati adeguatamente sanno fare in modo che il ragazzo sia valorizzato quando non ha la capacità di un ragionamento astratto, ma una grande intelligenza concreta». Fare scuola di merito comporta anche, secondo Valditara, che «..gli istituti tecnici e professionali non devono essere brutte copie del liceo. Per avere pari dignità oltre a laboratori moderni e attenzione alla realtà produttive, con la possibilità per i presidi di chiamare anche professionisti del mondo dell’impresa, devono poter offrire una carriera di studio importante. Penso a una filiera che colleghi formazione tecnico professionale e gli Its, un canale che l’Europa ci chiede di costruire, parificato al sistema universitario… I genitori devono sapere che chi va al liceo e poi non finisce l’università avrà potenzialità occupazionali e retributive inferiori a chi esce da un tecnico e professionale. E poi insisterò sulla formazione dei docenti all’orientamento affinché diventino consiglieri delle famiglie. Tocca loro, aggiunge il Ministro, tirar fuori il meglio da ogni studente. Fissate le competenze minime, la loro realizzazione nella vita dipende dalla valorizzazione dei loro talenti. Che si può perseguire con una didattica personalizzata. Per potenziarla dobbiamo riflettere sulla opportunità di introdurre in ogni istituto la figura di docente tutor». Una figura chiarisce Valditara che avrà il compito specifico di «seguire più da vicino i ragazzi in difficoltà, di valorizzare chi è molto bravo e sta stretto nel programma, anche al di fuori dell’orario di lezione durante l’anno e nei periodi di sospensione delle lezioni. Adesso sono le famiglie più abbienti a pagare le lezioni private o corsi aggiuntivi. È compito dello Stato farlo». Intanto, mentre il Ministro Valditara, pianifica con buoni propositi, la scuola riceve ulteriori importanti segnali di disappunto. Alessandro D’Avenia, insegnante e scrittore, di recente ha pubblicato sul suo blog del Corriere della Sera “Ultimo banco” la lettera di uno studente diciassettenne che si sente costretto ad abbandonare la scuola e a studiare autonomamente. Si ripropone il fenomeno della dispersione, della fuga, in questo caso forse a ragione, da parte dei giovani. Il giovane studente, autore dello scritto, avverte il peso del sistema scolastico tradizionale. Motiva in tal modo la ragione del suo esodo e spera di contribuire col suo scritto riflessivo col fine di migliorare la scuola bisognosa di nuovi metodi e modalità d’insegnamento: “Imparare mi ha appassionato fin dai primi anni delle elementari, studiavo volentieri e in fretta. Quest’anno, però, mi sono sempre più allontanato dall’apprendimento scolastico, anche delle materie che più mi interessano. Trovo che la scuola mi imponga uno studio eccessivamente nozionistico, spesso privo di logica. Questo durante ore in cui il disagio fisico e psicologico di stare in classe si sommava alla noia derivata da lezioni quasi esclusivamente frontali. Mi trovavo a dover recepire un gran numero di informazioni passivamente, spesso con imposizioni contrarie al mio metodo di memorizzazione e ascolto. Molti insegnanti pensano che un alunno ascolti seriamente solo se è seduto a prendere appunti. Ognuno però possiede metodi diversi che andrebbero valorizzati per permettere un apprendimento migliore. Ho quindi iniziato a vedere nella scuola, prosegue lo studente, non un luogo dove viene diffusa la conoscenza e l’obiettivo è la crescita della persona per prepararla al futuro, ma un luogo in cui quello che conta sono le ore, in cui non si considerano le peculiarità, ma si mira a uniformare verso la mediocrità. Così è maturata in me la decisione di abbandonare la scuola tradizionale, ma non lo studio, che mi appassiona e mi porterà a proseguire all’università e al lavoro. Ringrazio, comunque, tutti voi per quest’anno che mi ha permesso di comprendere meglio me stesso e ciò che desidero per il mio futuro“.

Altri alunni che lasciano la scuola, a differenza dello studente che lamenta l’inadeguatezza metodologica didattica alla base della sua scelta, godono attualmente del reddito di cittadinanza. Di questi il Ministro Valditara fa la conta e a questi punta il dito. Se non si lavora tutti a scuola altrimenti taglio al reddito di cittadinanza. Così Valditara: "In Italia ci sono 364.101 percettori di reddito di cittadinanza nella fascia tra i 18 e i 29 anni. Di essi 11.290 possiede solo la licenza elementare o nessun titolo, e altri 128.710 soltanto il titolo di licenza media. Noi riteniamo si debba prevedere l'obbligo di completare il percorso scolastico per chi lo abbia illegalmente interrotto o un percorso di formazione professionale nel caso di persone con titolo di studio superiore ma non occupate né impegnate in aggiornamenti formativi, pena in entrambi i casi la perdita del reddito, o dell'eventuale misura assistenziale che dal 2024 lo sostituirà. Questi ragazzi preferiscono percepire il reddito anziché studiare e formarsi per costruire un proprio dignitoso progetto di vita. Il reddito collegato all'illegalità tollerata del mancato assolvimento dell'obbligo scolastico è inaccettabile moralmente: significherebbe legittimare e addirittura premiare una violazione di legge".

Il Ministro Valditara, nel maremoto delle criticità scuola, in questa particolare fase post Covid, vede di buon occhio il tutor. Torna sul docente guida, fiducioso, un prof condottiero che guida, aiuta a scampare il pericolo, un po’ come il più grande poeta dell’antica Roma, guida di Dante, che, per sua moralità supportata da retta ragione, quantomeno avrà il compito di portare, in questo caso, alunni e scuola fino al Purgatorio.

Il docente tutor, ha asserito Valditara, in occasione del suo intervento al convegno annuale dell’associazione nazionale presidi, in un team si prende carico di quei ragazzi che hanno difficoltà, ovviamente un docente preparato, che abbia determinate competenze. Dopo il tutor, il merito. Tanto ha detto: “Per me il merito riguarda qualcosa che ha a che fare con un ascensore sociale, dal 1950 al 1975 l’ascensore sociale in Italia funzionava, dal 75 è bloccato. Dobbiamo andare incontro ai talenti di ciascun ragazzo, valorizzarli, tirar fuori da ciascuno qualcosa per realizzarsi. Non è discriminante, prosegue Valditara, ma combatte una società che di fondo è classista, chi nasce in un certo contesto sociale rimane in quel contesto sociale“.

Con o senza il prof tutor la scuola resterà, a mio parere, senza ulteriori importanti misure e valorizzazione della stessa istituzione e dei proff, quella della cattiva educazione, dei cellulari distrattori, delle facili sufficienze, della prepotenza di tanti genitori e figli... Avrebbero tanto bisogno di tutor e sanzioni disciplinari rispettivamente tanti ragazzi e tanti genitori che facilmente confondono la scuola come agenzia di abdicazione della propria responsabilità operativo-educativa.

Emilio La Greca Romano

 

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