Viaggio verso il Cilento in treno: da Agropoli ad Ascea/Velia

“Si annunzia luminosa di grazia e di sorriso Stefania Marino, che è partita in questa scampagnata/escursione verso il Basso Cilento”

LIUCCIO GIUSEPPINO I Viaggi del Poeta
Cilento - venerdì 19 ottobre 2018
Stazione Vallo della Lucania Castelnuovo
Stazione Vallo della Lucania Castelnuovo © n.c.

Il sole traluce nella rada di San Marco nella splendida mattinata di settembre e canta nenie alle radici del promontorio, che, massiccio, ostenta fierezza nel grigio antico delle case e nel castello testimone di belle pagine di storia.

È straordinariamente bella Agropoli al primo impatto per chi ci arriva via treno. E lo sarebbe ancora di più se non affiorassero all’improvviso le vergogne della speculazione edilizia man mano che l’orizzonte si apre sulla parte nuova in stridente contrasto con il borgo antico. Per i cilentani della mia generazione il ridente centro rivierasco, cresciuto a dismisura con legittime ambizioni di città, ha ritmato periodi significativi della loro esistenza. Fu la spiaggia dell’infanzia quando calavamo dai crinali delle colline o dai pianori di montagne per vivere ebbrezze di svago e di libertà nel turchese del mare. Fu la città dei primi studi e delle prime prove d’esame in uno sbrecciato edificio lungo uno salone monumentale, ombreggiato dai tigli, che si inerpicava e s’inerpica ancora, ardito, con l’acciottolato levigato dal passo dei secoli, fin lassù alla porta merlata carica di storia, luminosa nella gloria del sole, sospirato accesso al panorama da delirio da sagrato e chiesa, che minacciano di ruinare su rocce a catapulta screziate dal miracolo di arabeschi di macchia mediterranea e barricate di fichidindia. Più su, tra l’intrico dei vicoli silenziosi ed assorti, se chiudi gli occhi il vento che passa lieve narra antiche storie di saraceni predoni e, via via, di donne coraggiose che, per amore di libertà, videro sfiorire anni e bellezza nella prigionia del castello, di eroi risorgimentali che gridarono alto e forte il nome d’Italia ed, infine, di esiliati colti che attenuarono la persecuzione del regine con la mitezza del clima e la calda ospitalità degli abitanti e si aprirono al sorriso ed al canto specchiandosi negli occhi di mare delle ragazze belle (sarebbero ancora da leggere e rivalutare le straordinarie testimonianze di Franco Antoniceli!). M’incanto alla visione del borgo con una nuvola che ne attutisce ed immalinconisce la luminosità ed il pensiero corre a quella stupenda descrizione che ne fa la grande Yourcenar in “Anna soror”, straordinaria storia passionale e drammatica di amore e morte. Mi riporta alla realtà la frenata brusca del treno. Quella di Agropoli è la prima stazione accogliente ed ordinata del Cilento. Si annunzia luminosa di grazia e di sorriso Stefania Marino, che è della partita in questa scampagnata/escursione verso il Basso Cilento. È scesa dalle colline di Laureana, ricca di storia e di Beni Culturali con tracce prestigiose nelle chiese e nei palazzi gentilizi. È una collega giovane e bella e, quel che più conta, brava. È impegnata con passione e determinazione nel non facile ruolo di assessore al turismo e alla cultura. Per un immediato transfert nella storia il mio pensiero corre a Luisa Sanfelice, che fu sposa non sempre fedele, del signore di Laureana e spiumò la sua bellezza nella malinconica solitudine del castello di Agropoli prima di finire sul patibolo a piazza del mercato a Napoli per la sua adesione alla repubblica del 1799.

Stefania ne rievoca, in parte, i tratti nella carnalità mediterranea, nella vivacità dell’intelligenza, negli occhi accattivanti di sorriso, nella prorompente gioia di vivere, nella determinazione dell’impegno politico. I tempi sono cambiati e, contrariamente alla Sanfelice non finirà sulla forca, anche se metaforicamente più d’uno la vorrebbe alla ghigliottina per la sua carica “rivoluzionaria” contro la reazione dei conservatori tanto retrivi quanto straccioni, che nel Cilento interno sono duri a morire. Brevi gallerie ci inabissano nel ventre della terra prima di riemergere alla solarità delle campagne, un tempo ricche di agricoltura feconda, a scivolo sulla stazione di Torchiara, che fu capitale di circondario, sede di pretura e diede i natali a conservatori illuminati, intellettuali progressisti e rivoluzionari eroi. È sempre una terrazza spalancata sugli accidentati declivi con sullo sfondo il mare, che si apre ad anfiteatro tra Licosa e Salerno dalla spianata del Sagrato del Salvatore. Il treno caracolla in discesa transitando per Rutino con la stazione desolatamente vuota. Lassù il paese testimonia la sua nobiltà decaduta nella chiesa e nella piazza con un elegante torrino/colombaia a far da arredo. E vola per le campagne l’eco delle rivolte cilentane, di cui i fratelli Magnoni furono eroi eponimi a rincorrere il canto dei poeti Lombardi e Cetrangolo, che qui ebbero i natali. La corsa sferragliante del treno penetra la montagna prima di planare nel displuvio dell’Alento, il fiume testimone della millenaria storia della mia terra nasce sul monte Le Corne a ridosso di Gorga. Corre giù verso la vale e la pianura di poveri affluenti: torrenti, valloni, fiumare. Si arena nel tranquillo mare di Velia dopo 36 chilometri: un corso piuttosto breve, ma carico di storia e storie raccolte nella parte finale dei bacini del Badolato e del Palistro che rotolano giù dalle campagne di Novi e Ceraso. Il suo corso è ferita d’acqua feconda tra gli aranceti prima dell’approdo nella pianura breve, dove squillano i pettirossi sul bianco delle case e le vele sporche delle serre esaltano fecondità di colture, là dove mezzo secolo fa i braccianti calati dalla roagna respirarono i veleni della malaria per bonificare gli acquitrini della pantana del barone Talamo Adinolfi.

Sulla destra il Monte Stella rievoca pellegrinaggi litanianti a culto di Madonna ed a richiamo d’intesa con altre montagne: il Gelbison, la Civitella, Catona. Lo scalo di Omignano è crescita disordinata da urbanizzazione da rapina lungo la stradale ad approdo di contadini calati dalle collina tentare fortuna di avventura nella pianura.

Il fiume scompare e riappare a più riprese prima della sosta nella stazione di Vallo che ci consente breve festa di amicizia con Peppino Galzerano storico rigoroso ed editore coraggioso nella lodevole impresa di recupero di storia e cultura del Cilento. Il fischio, lo sferragliare degli stantuffi ed il treno corre spedito nella pianura fertile, transitando a velocità per la stazione di Casalvelino, prima di spalancarci la visione del castello di Velia, carico di storia e sole, sulla sinistra, e la paciosa foce del fiume a memoria dei porti velini, sulla destra.

Ma questa è ancora un’altra storia.

(Il pezzo è tratto dal mio “Viaggio verso il Cilento… in treno” edito dalla Plectica Edizioni)

Lascia il tuo commento
commenti
Altri articoli
Gli articoli più letti