La Paestum dei miei ricordi d'infanzia: la mia Itaca

La Paestum dei miei ricordi d'infanzia: la mia Itaca

LIUCCIO GIUSEPPINO I Viaggi del Poeta
Cilento - mercoledì 27 marzo 2019
Paestum - Basilica Paleocristiana
Paestum - Basilica Paleocristiana © Paestum Experience

Avevo sei anni o giù di lì quando, dalle montagne di Trentinara, scesi per la prima volta a Paestum. Fu uno stupore da delirio di emozioni lo spettacolo dei templi maestosi con l’ambra delle colonne doriche nella gloria del sole in una lontana primavera nella immensità della pianura allora deserta o quasi.

So’ li sieggi re Piesto!”- mi disse, nella coinvolgente rasposa sonorità del dialetto, la mamma, che avevo accompagnato alla Festa dell’Annunziata nella Basilica Paleocristiana tra ressa di fedeli litanianti. Mi accese intelligenza e cuore di fanciullo di curiositas, che avrei soddisfatto in anni di ricerche e studi rigorosi alla scoperta dei miei Padri Greci. E così la pianura si popolò di dee pagane e madonne cristiane, che fuoriuscirono dai libri a materializzare, pronube di fecondità per donne e campagne, contesa/trasmigrazione devozionale alle colonne mozzate alle sorgenti dei fiumi o sui santuari spalancati da balaustre di montagna sull’infinito dell’orizzonte di terra e mare.

E su per le colline della kora mi ferì di dolcezza il sorriso intrigante delle Nausiche in amore, la malinconia delle Penelope in prolungata attesa, degli Eumeo e dei Melanzio pastori. E Giove tuonò fra i nembi delle forre, Mercurio alitò nella brezza a scompiglio degli ulivi, Vulcano risuonò negli attrezzi degli artigiani, Apollo si illuminò di sorriso nel volto di grazia dei giovani intraprendenti.

Poi il volo dalla cova calda del paese e, Ulisse pellegrino, girovagai, inquieto, per il mondo, ma con negli occhi e nel cuore la nostalgia per la mia terra. E Paestum fu la mia Itaca, porto sospirato per i rari momenti di quiete, prima di riprendere la navigazione in mare aperto per terre e mari sconosciuti. E scandì la lacerazione delle partenze, la riconciliazione/ricomposizione degli approdi e, soprattutto, la sospensione atemporale ed aspaziale delle presenze/assenze.

E mi investì l’uragano delle emozioni/ricordi, che, nella corposità delle parole si fecero poesia: gocce di sangue, palpiti di cuore, fiamme di intelligenza nel corso degli anni/decenni.

Un atto d’amore! Per testimoniare e non morire!

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